di Enrico Casagrande
Il modo più semplice per imparare l'alfabeto devanāgarī, è quello di scriverlo tutti i giorni per un mese o due, si impiegano circa cinque o dieci minuti, scrivendolo una o due volte.
Vedremo ora esattamente tutte le lettere e come vengono scritte nell'alfabeto, grossomodo la sequenza è quella vista nelle lezioni precedenti. L'opzione può essere di annotare sotto ogni carattere la traslitterazione oppure scrivere prima tutto l'alfabeto devanāgarī e poi le traslitterazioni IAST, oppure non scrivere proprio queste ultime.
I segni così rappresentati sono 48.
Tutte le consonanti sono pronunciate con la vocale अ, a, congiunta. Per questa ragione le "lettere" dell'alfabeto devanagari sono in realtà sillabe.
Come dicevamo, le consonanti dell'alfabeto seguono un
ordine perfetto e magnifico, che le raggruppa in 5 gruppi: si inizia con le 4 lettere prodotte con la
parte più profonda della gola, le gutturali; poi, con un piccolo
avanzamento della lingua, si fa risuonare le consonanti nella parte alta
della bocca, le cerebrali o retroflesse; si prosegue con i suoni nei
quali si appoggia la lingua al palato, le palatali; poi ancora le dentali e le
labiali. E' più facile nella pratica che nella
teoria. Questi 4 suoni per ogni gruppo, a loro volta, alternano una
lettera non aspirata e la corrispondente aspirata, che traslittereremo
seguita da una H. Alternano inoltre una consonante sonora e una sorda;
questa differenza, seppure presente anche in italiano, è più sottile e
la conoscono solo i linguisti, e, potremmo dire, si basa sulle vibrazioni delle corde vocali: il suono KA è sordo perchè
richiede poca aria per essere pronunciato, fa vibrare poco o niente le corde vocali, il successivo gutturale non
aspirato è GA, sonora, che richiede un flusso d'aria maggiore e un impegno molto più percepibile delle corde vocali. Provate a dire pianissimo "gara" sembrerà diciate "cara".
Ai
quattro suoni per ogni gruppo, si aggiunge un quinto, la nasale (suono N)
corrispondente al gruppo, la cui differenza, rispetto
all'organo fonatore utilizzato, è impercettibile, ma, vedremo, il sanscrito utilizza
caratteri differenti. Anche in Indi la differenza tra questi suoni è
impercettibile e diversa nei vari accenti locali.
Ai cinque gruppi di consonanti sopra elencati se ne aggiungono altri due: semivocali e sibilanti.
Tutta questa
spiegazione potrebbe anche essere ignorata, ma, secondo me, rende più
facile memorizzare la corretta successione delle lettere.
Ci sono due consonanti che storicamente nell'alfabeto sanscrito vengono scritte insieme alle vocali, sono importanti perchè molto utilizzate, tanto da avere un loro nome. Esse sono l'anusvara, suono M, traslitterato ṃ e il cosiddetto visarga, corrispondente ad una aspirazione e quindi traslitterato con il simbolo ḥ . I segni corrispondenti sono annoverati insieme alle vocali e l'anusvara è scritto nell'alfabeto come un punto sopra la A ed il visarga è scritto come due punti a seguire una A, ma vediamoli:
अं
aṃ
L'anusvara sopra una A si pronuncia quindi AM e si traslittera aṃ
Esistono numerose consonanti nasali varianti dei suoni M o N, ma l'anusvara è elencato tra le vocali perchè è una M che segue sempre una vocale (come vedremo, non scrivendosi la a breve, quando il punto è sopra una consonante la nasalizzazione segue comunque una A, ad esempio कं, kaṃ).
Esiste una forma più rara che si può trovare scritta con una mezza luna al di sotto del punto. Questa seconda forma non è riportata nell'alfabeto "ufficiale", ma ci offre lo spunto per una digressione importante per lo yoga. Essa è:
अँ
aṃ
Questo secondo segno si chiama anunasika, suono attraverso il naso, o chandrabindu, la luna e il punto, e come suono corrisponde sempre a una nasalizzazione, come l'anusvara, ma leggermente differente. Per i nostri scopi, leggere e scrivere il sanscrito, le differenze non sono significative.
Ma veniamo al dunque. Il suono OM scritto anche AUM, ha un suo proprio simbolo, anch'esso non viene riportato nell'alfabeto, ma, ad esempio, apre tutti i mantra e i canti dei Veda. Conoscerete sicuramente questo segno, divenuto il simbolo dell'Induismo e spesso anche dello yoga stesso. Il simbolo in questione è
ॐ
oṃ oppure auṃ
Se avete presente le vocali (avete studiato la lezione passata, no? :-), questo simbolo sembra proprio una ऊ ū, ma scritta senza la barra sopra, quindi unita a una अ a, e con l'aggiunta della variante dell'anusvara che abbiamo visto, da cui aum. Un'altra teoria lo fa discendere da una modifica del segno per il dittongo औ au, sempre unito al chandrabindu. Ma poco cambia.
Affascinante non credete? Quando disegnamo il segno Om stiamo in realtà scrivendo le lettere che lo compongono.
di Enrico Casagrande
Il concetto orientale di karma trova, a partire dalla fine dell’Ottocento, con l’arrivo di swami Vivekananda in Occidente, una decisa accoglienza da parte di studiosi, praticanti e curiosi dello yoga e della spiritualità indiana in generale. Negli anni della controcultura la parola rompe l’alveo della New Age per entrare nel lessico comune per indicare una legge di causa ed effetto dalle connotazioni metafisiche non sempre troppo chiare e quindi depauperato del portato filosofico - esistenziale che alla parola in questione si associa. Nel testo che segue si indaga il termine karma nel pensiero induista e yogico – induista per osservarne i significati originari e le ragioni della sua polisemia senza voler assumere alcuna posizione di fede che nulla può aver a che fare con un percorso di ricerca affidabile.
di Marco Sebastiani
Il sanscrito è meno difficile di quanto possa sembrare apparentemente. Possiamo affermare che sia relativamente semplice impararne un uso che consenta di muoverci agevolmente tra gli utilizzi che possono essere utili nel mondo dello yoga. Il primo passo è sicuramente saper distinguere i caratteri, in modo da poter leggere alcune semplici parole, intonare i mantra dalle fonti originali, oppure ancora poter leggere i testi classici. Può inoltre essere utile saper consultare un dizionario, per verificare, ad esempio, se un termine sia maschile, femminile o neutro oppure analizzarne i diversi significati. Conoscere il corretto accento delle parole utilizzate comunemente nello yoga è un'altro valore aggiunto, così come leggere e scrivere i nomi delle àsana (o degli àsana?) ed i numeri nei caratteri della sacra lingua indiana: devanàgari, i segni degli dei.
Ma cosa serve per avere una prima infarinatura della lingua sanscrita? Sicuramente molta curiosità, voglia di giocare e un briciolo di coraggio iniziale, che verrà ripagato con il dischiudersi di un mondo intero.
La presente è la prima edizione di questo corso semplice di sanscrito, per questo motivo chiediamo aiuto a tutti voi per segnalarci aspetti che non siano sufficientemente chiari oppure che necessitino maggior attenzione, oppure ancora errori più o meno banali, attraverso i consueti canali di contatto, social o email.