Yin Yoga e Yoga Nidra: praticare la non-azione

febbraio 11, 2020


di Elisa Levi Sabattini


Lo Yin Yoga è uno stile moderno di Yoga ideato da un esperto di arti marziali di nome Pauli Zink negli anni Settanta del secolo scorso negli Stati Uniti. Zink divide la pratica yoga in yin e yang, accostando il pensiero cinese di tradizione daoista, o taoista, allo yoga. È qualche anno più tardi che un allievo di Zink, Paul Grilley, separa la pratica yin dalla yang, così come concepite da Zink stesso, creando uno stile indipendente. Sarah Powers, un’allieva di Grilley, sviluppa poi ulteriormente la pratica accostandola allo studio dei meridiani cinesi. Oggigiorno, lo Yin Yoga è uno stile di yoga, così come molti altri stili differenti che troviamo sul mercato e che ci promettono di praticare gli asana, cioè le posizioni del fisico, per renderlo più flessibile e forte. La varietà può essere in questo caso una ricchezza perché permette a ognuno di noi di trovare il “suo” stile, a seconda del momento della vita. Utilizzando la visione proposta da Zink, potremmo dire che le pratiche che utilizziamo in Occidente e che vengono chiamate Vinyasa, Rocket, Power, eccetera, possono essere considerate pratiche Yang, associate a un certo tipo di energia, attiva e reattiva, o a una certa modalità di stare nel mondo. Stili più passivi, dove manteniamo le posizioni più a lungo, dai 3 ai 10 minuti a seconda del livello della pratica personale, sono considerate pratiche Yin, in riferimento all’energia o modalità di stare al mondo che si completa e completa lo Yang. A onor del vero, una pratica yoga ha in sé tutti questi principi che non sono concepiti come separati, ma come parte di un insieme, come una rete che forma un tutto, come momenti diversi di un’unica pratica. I nomi e le etichette utilizzati in Occidente rientrano in una visione sezionata dello yoga e adattata a stili di vita diversi. Con questa breve premessa in mente, vediamo quali sono i benefici dello Yin Yoga.
Con la pratica dello Yin Yoga, quando teniamo ogni posizione per circa 5 minuti, alleniamo il corpo alla flessibilità e nutriamo i tessuti connettivi, cioè quei tessuti che tengono insieme il nostro corpo e i suoi componenti. Notiamo immediatamente che i muscoli sono più tonici, e sulla lunga durata, lubrifica i legamenti e rilascia il tessuto fasciale del corpo. Mantenendo le posizioni a lungo, stando fermi, permettiamo al corpo di lasciare andare ogni tensione e di essere massaggiato dalla forza di gravità. Non è “restorative” o riabilitante, o per meglio dire, non è solo riabilitante. Sebbene lo Yin Yoga sia una pratica adatta sia a principianti sia a praticanti più avanzati, il fatto di tenere le posizioni per un periodo lungo necessita una conoscenza e una frequentazione pregressa degli asana.

Quando il corpo si ferma, la mente comincia a vagare, non è occupata a seguire rapidamente i movimenti del corpo come nelle pratiche considerate yang. Ci riconnettiamo con il corpo in modo consapevole. Per questa ragione una pratica di Yin Yoga è una perfetta alleata in preparazione alla meditazione. Stiamo nelle posizioni per ascoltare il corpo che ci parla e che spesso non ascoltiamo. Quando la mente comincia a vagare, ci offre l’opportunità di rimettere l’ego al suo posto, di non identificarci con i nostri pensieri, e di stare nel momento presente, esattamente dove siamo, perché è perfetto così. Se non permettiamo che questo avvenga, la pratica risulta difficile. Se invece lo permettiamo, impariamo a sentire il corpo e le emozioni, sentiamo la vita scorrere in noi. Yin Yoga è una pratica potente che attiva in modo profondo la consapevolezza di sé.

Nella tradizione cinese, yin e yang non sono due opposti, come solitamente vengono descritti, ma sono due forze complementari che formano un’unità, detto altrimenti, senza l’uno non abbiamo l’altro e con uno abbiamo l’altro. Possiamo comprendere l’importanza di praticare stili yang e yin. Con il primo stimoliamo il sistema nervoso simpatico, costruiamo e nutriamo i muscoli e rafforziamo il corpo. Con il secondo attiviamo il sistema nervoso parasimpatico, allunghiamo i tessuti, miglioriamo la flessibilità e la circolazione. L’idea di yin/yang è in qualche modo paragonabile ai concetti proposti nell’ayurveda e nello Yoga, seppure distanti nel tempo e nello spazio: Hatha significa sole (ha) e luna (tha) e può in un certo senso fare riferimento all’equilibrio delle energie attive, associate alla forza e all’azione, e passive, associate alla vulnerabilità e accoglienza. Quindi: yang/yin, ha/tha, sistema nervoso simpatico/sistema nervoso parasimpatico. Ecco che lo Yin Yoga, praticato con regolarità, può dare risultati complementari a una pratica più attiva.  Paradossalmente, la pratica yin si vede necessaria proprio laddove perdiamo una pratica più autentica dello Yoga così come concepito dalle scritture antiche e dove lo Yoga è ridotto a un mero esercizio fisico.

Gli asana permettono per loro natura di rilasciare l’energia bloccata nel corpo e con la pratica di Yin Yoga questo avviene in modo dolce e consapevole. Il sistema nervoso parasimpatico fa parte, insieme al sistema nervoso simpatico, del sistema nervoso autonomo, responsabile della regolazione delle azioni inconsce dell’organismo, cioè quelle funzioni fisiologiche che non percepiamo e non controlliamo volontariamente. Il sistema nervoso parasimpatico funziona in modalità “risposo e digestione”. Durante la giornata, stimoliamo soprattutto il sistema nervoso simpatico che agisce nella modalità “combattimento o fuga”. In altre parole, il nostro organismo è costantemente pronto a scappare o a difendersi dalla “tigre”. Nella nostra quotidianità la tigre può essere il lavoro, il collega, le relazioni interpersonali, i pensieri, e molto altro ancora. Per il nostro cervello, a livello di stimolazione, non c’è molta differenza tra la tigre in carne e ossa e una tigre immaginata e camuffata da collega, lavoro, familiare o tutto ciò che mette in una situazione di pericolo. Il nostro organismo produce dunque adrenalina in eccesso che spesso non sa come eliminare perché non diamo al nostro corpo il tempo di “riposare e digerire”. E quando arriva il momento di riposare, non riusciamo a dormire perché continuiamo a pensare alla giornata passata o al giorno dopo, cioè al passato o al futuro, proiettando aspettative senza mai stare nel momento presente, unico “luogo” dove siamo veramente. Tutto questo crea continuo stress al punto da renderci quasi degli automi, costantemente altrove con i pensieri e quindi anche con il corpo. La pratica di Yin Yoga ci aiuta a regolare le funzioni del sistema parasimpatico e ci insegna a stare nel momento presente. Lo Yin Yoga è una pratica ottima da sola, ma può essere anche concepita in preparazione allo Yoga Nidra.

Sappiamo che Yoga significa “unione” in sanscrito. L’unione cui si riferisce è quella con il Dio, il divino, con il proprio Sé superiore, l’Universo, scegliete voi il nome. Unione quindi come completezza consapevole. Nidra significa “dormire”. Yoga Nidra è lo “Yoga del sonno”. Yoga Nidra utilizza la biologia del corpo per raggiungere un luogo di profondo silenzio dove impariamo a non identificarci più con i nostri pensieri, le nostre emozioni e gli eventi che viviamo. Così come per gli asana, anche per lo Yoga Nidra abbiamo differenti stili e tradizioni. Chi scrive pratica e insegna IAM (Integrative Amrit Method) e le è quindi possibile parlare di questa esperienza. In questa pratica utilizziamo una sequenza guidata di tecniche che usano la biologia del corpo per portarci senza sforzo a uno stato in cui le onde celebrali sono quelle di sonno profondo, ma noi siamo vigili. Tutto ciò avviene naturalmente perché il corpo sa come fare, e lo può fare se è rilassato. Nel momento in cui il corpo è rilassato, la mente si calma e noi possiamo fluire con la guida del Nidra. Ci troviamo quindi in quel silenzio, in quel vuoto tra l’“io” e i pensieri che ci visitano, dove la meditazione avviene naturalmente. Questo stato di completezza è a disposizione di tutti, sin dalla prima pratica di Yoga Nidra.

Secondo il Mandukya Upanishad, ci sono quattro stati dell’essere: veglia, sogno, sonno profondo e Turiya. Turiya è lo stato dell’Essere. Gli Yogi ritengono che lo stato di sonno profondo consapevole è la porta per entrare nello stato di Turiya. Turiya è Atman, è la cessazione dei fenomeni, dove non c’è più dualità perché è privo di conoscenza delle cose interiori e delle cose esteriori, è il silenzio al di là.

Lo Yogasutra di Patanjali 1.2. ci insegna: “Yoga (Unità-Unione) è la cessazione delle oscillazioni  della mente.” Quando l’attività della mente si acquieta, non ci identifichiamo più con i nostri pensieri e possiamo raggiungere quello stato di quiete e silenzio che è al di là della mente e riconnetterci con il nostro Sé superiore. Questo è possibile con la pratica di Yoga Nidra, attraverso la pratica del non-agire. Non agendo tutto diviene possibile.

Secondo lo Yoga, questo è lo scopo dell’umanità. I primi tre stati, veglia-sogno-sonno profondo, sono in comune con gli altri animali, il quarto, o Turiya, è dell’Uomo. Questo è il luogo che raggiungiamo anche durante la pratica di Yoga Nidra. Un luogo non solo di liberazione, ma di maestria della vita. Comprendiamo che non siamo i nostri pensieri, che non siamo le esperienze che viviamo, che non siamo nemmeno il contenitore dove ciò avviene. Siamo la Coscienza che permette tutto questo e che fa esperienza di tutto questo. Il distacco da ciò che non ci serve più è naturale e il cambiamento avviene attraverso la non-azione o il non-fare, che ricorda il wuwei della tradizione cinese. Meno fai, meno cerchi di controllare o manipolare la realtà, più entri in uno stato di Presenza e tutto avviene e fluisce naturalmente. In Yoga Nidra non dobbiamo cercare di rilassarci o di non fare, perché il “cercare” è di per sé un’azione. Non si tratta di fare di più, ma di fare meno, o meglio, di non fare. Kamini Desai, figura autorevole nel mondo dello Yoga e dello Yoga Nidra, utilizza un esempio molto calzante: è come galleggiare. Galleggiare non è qualcosa che facciamo, ma qualcosa che ci accade. Io aggiungerei che è la stessa cosa per il respiro, noi siamo “respirati”.

Secondo gli Yogi la fonte di ogni sofferenza è riconducibile all’aver dimenticato chi siamo. Ci identifichiamo con i nostri ruoli, i nostri pensieri, i nostri desideri e sogni, con i nostri limiti e ricordi di esperienze passate. Grazie alla pratica di Yoga Nidra, cominciamo a ricordare e a fare esperienza di chi siamo, potendoci così vivere nella quotidianità, cambiando la nostra visione del mondo e accogliendo noi stessi e gli altri per ciò che siamo. Per fare questo però dobbiamo fare esperienza di essere questo spazio. Ciò è possibile grazie a Yoga Nidra.


Non usiamo il corpo per stare in una posizione, ma usiamo la posizione per stare nel corpo.

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