traduzione di Vyasa Sante*
testo e commento a cura di Marco Sebastiani
Il secondo capitolo della Gita è esplicitamente diviso in due parti. Nella prima [cfr. articolo Bhagavad Gita Ia parte II cap.: la logica liberatrice ] Krishna controbatte i dubbi di Arjuna con la semplice logica, o, per l'esattezza, con le basi della corrente filosofica indiana denominata Sankhya, uno dei cinque sistemi, o darsana, indiani [cfr Lo yoga e le altre 5 darsana indiane ].
Nella seconda parte, presentata nel presente articolo, Krishna compie un ulteriore passo in avanti e inizia a controbattere i dubbi di Arjuna con i princìpi del suo Yoga, i princìpi che porteranno alla riunificazione con lo spirito assoluto, il Brahman, lo Yoga del superamento dell'azione o dell'azione che dir si voglia ed anche dello yoga devozionale.
Secondo il Nirukti, o il dizionario vedico, saṅkhyā significa ciò che descrive le cose in dettaglio, san khya ovvero contare, elaborare o descrivere analiticamente tutto. Lo yoga implica il controllo dei sensi. La propensione di Arjuna a non combattere era basata sulla gratificazione dei sensi. Dimenticando il suo primo dovere, voleva smettere di combattere, perché pensava che non uccidendo i suoi parenti e amici sarebbe stato più felice che godendo il regno, dopo aver sconfitto i suoi cugini e fratelli, i figli di Dirastira. In entrambe le situazioni, i suoi termini di paragone, i princìpi di base, erano caratterizzati dalla gratificazione dei sensi. La felicità derivata dalla conquista del regno, oppure la felicità derivata dal vedere i parenti vivi, sono entrambi termini basati sulla gratificazione personale dei sensi e sulla rinuncia di saggezza e dovere. Krishna, quindi, spiega ad Arjuna che uccidendo il corpo di suo nonno non avrebbe ucciso l'anima propriamente detta, e anche che tutte le singole persone, incluso lui stesso essere divino, sono individui eterni; erano individui nel passato, sono individui nel presente e continueranno a rimanere individui in futuro, perché tutti noi siamo anime individuali che vivranno per l'eternità. Il Signore Krishna ha esposto uno studio analitico sull'anima e sul corpo, spiegandosi in termini molto figurati, ma chiari. Questa conoscenza descrittiva dell'anima e del corpo, da diversi angoli di visione, è stata chiamata qui come Sākhya, la filosofia logica. Qualcuno, come Swami Prabhupada, mette in dubbio la correlazione tra questo termine con la scuola logica di cui si parlava all'inizio, ma il discorso è comunque molto chiaro e poco importa, secondo noi, l'accreditamento alla darsana sankhya oppure no.