L'illusione dei social media di Ty Landrum
dicembre 19, 2018di Ty Landrum
tradotto da Marco Sebastiani
Introduzione alla traduzione italiana
Abbiamo ricevuto molti messaggi riguardo al nostro precedente articolo su lo yoga e instragram in Italia, è quindi con grande piacere che pubblichiamo il punto di vista di un grande maestro internazionale di Ashtanga yoga, Ty Landrum. Ty non ha certamente bisogno di presentazioni come praticante di yoga, molti di noi hanno avuto l'onore di incontrarlo in uno dei suoi numerosi workshop in giro per il mondo. Tra l'altro sarà in Italia a Torino il 3-5 Maggio, a Belluno il 17-19 Maggio e in Salento dal 26 Luglio al 9 Agosto. Non tutti sanno però che il maestro Landrum ha un PhD in Filosofia presso l'Università della Virginia. I suoi articoli mostrano sempre un punto di vista a nostro giudizio molto maturo ed approfondito, mai banale, e quello che presentiamo oggi non è un'eccezione.
L'illusione dei social media
I social media possono dare l'impressione che lo yoga sia un'arte performativa, ovvero legata alla performace. Non c'è dubbio che ciò che appare sui social media sia esattamente questo. Quando persone flessibili mostrano le proprie immagini in posizioni impressionanti e in luoghi spettacolari, sono impegnati in una performance estetica iconoclasta, che rompe le regole, e decisamente moderna. Le immagini risultanti ispirano fascino per il corpo umano e stupore per come può contorcersi, sfidando gli standard tradizionali di bellezza fisica, ma giocando sul nostro senso intrinseco di linea, simmetria, equilibrio e forma.
Inoltre, le immagini in questione contribuiscono a un dialogo più ampio sul significato di personificazione, di incarnazione di valori ed idee, un dialogo in cui siamo tutti impegnati, sia che ce ne rendiamo conto oppure no. Queste stesse immagini, come le stesse posizioni yoga, sono simboli di qualcosa che desideriamo ardentemente raggiungere, qualcosa da cui siamo profondamente estraniati e che sogniamo di riscoprire ai margini del mondo. Ci ricordano che tutti noi incarniamo questo qualcosa di enigmatico, anche se lo raggiungiamo all'infinito. Questa è una delle strane realtà della condizione umana: troviamo difficile toccare le cose che ci sono più vicine, anche mentre pulsano e si increspano sotto la superficie della nostra pelle.
Il lato oscuro di ogni arte performativa è il narcisismo. E con l'ubiquità dei social media, le forze narcisistiche sono più pervasive oggi che mai. I social media mettono nelle nostre mani il potere di modellare la nostra immagine pubblica, attraverso parole e immagini accuratamente elaborate. Con la disponibilità di massa di questo potere, c'è stato un curioso cambiamento nel modo in cui collochiamo il nostro senso di sé. Come sempre, ci vediamo come gli altri ci vedono. Ma ora abbiamo il potere di manipolare il modo in cui gli altri ci vedono, con le istantanee accuratamente elaborate delle nostre vite che diamo agli altri.
Questo cambiamento riguarda tutti noi, non importa quanto siamo attivi sui social media, perché crea una situazione in cui guardiamo ai social media per formare le nostre impressioni l'uno degli altri, e, anche se resistiamo, la non partecipazione ha un certo significato che comunque forma quell'impressione, suggerendo un'alleanza con l'opacità intrinseca della mente umana. I social media hanno adottato un carattere fortemente confessionale, che può far muovere a disagio e imbarazzare chi di noi possiede una sensibilità più introversa. Queste istantanee schiette di altre vite possono colmarci di imbarazzo.
Il carattere confessionale dei social media crea un'illusione di trasparenza che sembra collassare l'impalcatura della personalità su cui poggia la psiche, sollevando ed esponendo cose che molti di noi preferirebbero tenere nascoste, sia perché sono troppo riservate, troppo frivole, o troppo sacre per essere esposte agli occhi del pubblico.
I social media possono distorcere gravemente le nostre impressioni l'uno degli altri, creando un senso completamente falso di trasparenza. Ma allo stesso tempo, è innegabile che i social media siano una finestra aperta nella nostra coscienza collettiva. Ciò che fluisce attraverso i canali social, rumorosi e ruggenti, è un riflesso straordinariamente chiaro e rivelatore delle forze nascoste che modellano la mente collettiva. Il narcisismo che troviamo sui social media è il nostro narcisismo. La vanità che vediamo è la nostra vanità. Tutto ciò che appare in questa finestra ci espone, mostrandoci cosa si trova in fondo al pozzo della psiche.
E tutto dipende da come reagiamo a ciò che si mostra. Se reagiamo con disprezzo e risentimento verso la vanità degli altri, allora lo sdegno e il risentimento sono ciò che diventiamo. Nel momento in cui incarniamo quelle emozioni acute e pungenti, permettiamo loro di definirci. E diamo loro più potenza ogni volta, riflettendo le immagini dei nostri volti sprezzanti e risentiti nel pozzo della psiche collettiva, e queste immagini brillano poi attraverso lo specchio dei social media. Le loro correnti scorrono quindi più rapidamente sottotraccia, raccogliendo forza e minacciando di trovare una fessura attraverso cui scoppiare.
Se d'altra parte prendiamo queste immagini con dolcezza e amorevole attenzione, rilasceremo poi una parte della pressione dietro le nostre tendenze iper reattive. Cioè, rilasceremo parte della pressione dell'ego, che ci induce a reagire con risentimento e disprezzo per le cose che minacciano la santità e la solidità delle nostre stesse identificazioni. Quando le immagini dello yoga appaiono sui social media, possono essere ricevute come minacce piuttosto forti, specialmente per quelli di noi che hanno una marcata idiosincrasia per la spettacolarizzazione e l'estroversione dello yoga in immagini di contorsione. L'ego che si identifica con lo "yoga reale" è ansioso di separare quella concezione falsa e forzata da ciò che non lo è, e questo nostro stesso ego si infuria quando i social media iniziano a sfumare i contorni tra la pratica contemplativa dello yoga e l'arte della performance sociale.
Ma il vero yoga è sempre nel momento presente. E quando siamo disturbati da ciò che vediamo come un'adulterazione o perversione di qualcosa che riteniamo a noi caro, e di conseguenza dispreziamo gli altri praticanti sulla via, abbiamo perso il filo. Non che lo yoga esiga di vivere senza discernimento, al contrario, il discernimento è uno dei veicoli con cui ci evolviamo. Ma finché siamo avvolti da emozioni tanto pungenti, non possiamo avere il tipo di chiarezza da cui dipende il vero discernimento. Queste emozioni distorcono le nostre impressioni della realtà, così che non possiamo valutare la vera levatura e meraviglia di ciò che potrebbe apparire. Nell'ombra di queste emozioni, possiamo perdere le tracce del sublime che stanno passando davanti ai nostri occhi. E queste tracce possono essere ovunque, anche nei canali dei social media.
C'è qualcosa dentro ognuno di noi che cerca naturalmente di essere lasciata andare. Sebbene possa essere oscurata dall'incessante atteggiamento dell'ego, solo l'ego può portarla alla luce. L'ego è maya, il velo dell'illusione del mondo fenomenico. Questo mondo crea la costante sensazione che siamo tutti separati e isolati. L'ego sostiene questa impressione, infondendo ad ogni persona un costante senso di auto-rilevanza. Il narcisismo è solo un modo per far fronte a questo isolamento, portando la coltivazione dell'ego ad un estremo.
Quindi maya è l'illusione che ci isola, costringendoci a identificarci troppo strettamente con l'ego. Ma maya è anche lo specchio in cui vediamo noi stessi e ci rendiamo conto di noi stessi come realmente siamo. Come il potere della creazione, maya porta la nostra essenza sottile in una forma incarnata. È il risplendere della natura che ci permette di prendere coscienza di noi stessi, dandoci oggetti di esperienza. Senza maya , non ci sarebbe pensiero, nessuna sensazione, nessuna intimità. Non ci sarebbe altro che quel vuoto puro e abissale dal quale si sviluppa il mondo. Quindi maya non è solo il velo dell'illusione naturale, il velo che nasconde la nostra vera natura, ma anche il potere della coscienza di apparire a se stesso e di diventare consapevole di se stesso, come il vuoto che sostiene il mondo della forma.
Lo yoga delle relazioni inizia quando apprezziamo la doppia natura di maya, il modo in cui maya funziona per nascondere e rivelare allo stesso tempo. Comincia quando abbandoniamo i nostri impulsi reattivi verso altri esseri umani, sospendiamo i nostri preconcetti su chi siano e permettiamo loro di travolgerci con i loro eccessi e le loro assurdità, specialmente quando queste sembrano rappresentare una minaccia per il nostro senso di isolamento e l'idealizzazione probabilmente un po 'narcisistica di noi stessi. La pratica consiste nel creare uno spazio per queste emozioni, anche se offendono la nostra sensibilità estetica e filosofica, fino a quando non cominciano a travalicare i confini dei nostri concetti, oltrepassando gli angusti confini dei nostri giudizi sulla loro superficialità, e mostrandosi nella loro assoluta unicità.
La dignità inviolabile degli esseri umani dipende dal fatto che ciascuno di noi rifrange la luce della coscienza in un modo totalmente unico e contribuisce a qualcosa di singolare nel sublime svolgimento della consapevolezza collettiva di sé. Per quanto imperfette possano essere le nostre ricerche, ognuno di noi è animato dallo stesso desiderio di sperimentare la completa liberazione dai tranelli del nostro condizionamento, il desiderio di superare il nostro senso inveterato di isolamento e di godere dell'essenza amorevole della nostra umanità. Vedere gli altri in questo modo, essendo animato, per quanto imperfettamente, da questo stesso desiderio di liberazione, può venire naturale con il proseguire della pratica con la chiarezza che ne deriva.
Quando abbandoniamo le nostre difese e rinunciamo all'impulso di protestare contro coloro che ci ricordano ciò che preferiremmo limitare e sopprimere, appare la postura che troviamo sui social media. Anche se questa è altamente performativa, e raramente cattura ogni momento di effettiva trasformazione psichica, nondimeno è un'estensione di quello che lo yoga "autentico" e "tradizionale" deve essere comunque per quasi ognuno di noi. Ovvero una ritualizzazione perlopiù armoniosa della nostra brama di connessione lucida e amorevole con gli altri esseri umani. Le correnti del narcisismo e della vanità continueranno a scorrere attraverso i flussi dei social media, semplicemente perché fanno parte della funzione mentale che crea la nostra umanità. Ma se guardiamo con occhi aperti, possiamo trovare più della vanità e del narcisismo in quanto tali. Possiamo celebrare in modo straordinario il corpo, oppure celebrare chi riconosce e onora il corpo come mezzo di illuminazione, e aspira con passione vibrante a scoprire i suoi segreti e a toccare intimamente la sua essenza.
Quando arriviamo a questo modo di vedere, possiamo renderci conto che quanto di maya è nei social media è altamente rivelatore, e ciò che rivela è bello quanto la trama interiore della mente umana stessa. La vera illusione dei social media, il vero fraintendimento, è che a causa della nostra pervasiva vanità e del nostro indomito desiderio di riconoscimento, l'ego abbia in qualche modo occluso la luce dal flusso della coscienza e ora impedisca che brilli. La luce della coscienza non può essere occlusa. Anche quando il narcisismo sale sul palco, espone la profondità del nostro desiderio di connessione, e una brillante luce splende dallo schermo.
Autorizzazione alla riproduzione accordata dall'autore. Per ogni ulteriore approfondimento è possibile fare riferimento al blog prersonale di Ty Landrum.
0 commenti