Il mantra di chiusura dell'ashtanga yoga, Mangala Mantra, in dettaglio
dicembre 11, 2020di Marco Sebastiani
[ potrebbe anche interessarti: Il mantra di apertura dell'ashtanga yoga, in dettaglio. ]
Il mantra con il quale abitualmente viene chiusa la pratica dell'Ashtanga Vinyasa Yoga è in realtà un mantra molto famoso e conosciuto in India. La sua bellezza ha colpito nei secoli le genti dall'Oriente all'Occidente. La sua origine non è però tra gli inni del RigVeda, come innumerevoli volte viene affermato.
Yogapedia: "The Mangala mantra is a prayer for peace found in the ancient scriptures the Rig Veda".
Elephant Journal:"The Mangala mantra is from the Rig Veda and is traditionally chanted at the end of ceremonies".
E' sufficiente fare una ricerca per capire la vastità del fraintendimento: innumerevoli fonti citano il RigVeda come origine, ma ovviamente senza riportare esattamente l'inno da cui sarebbe tratto, d'altronde è impossibile, infatti, semplicemente, non c'è. Il sospetto fondato viene anche dallo stile e dalla lingua, si tratta di sanscrito classico, seppure con diversi arcaismi, non di sanscrito vedico.
D'altronde, afferma Christopher Minkowski, nei testi vedici non vi è alcuna menzione di rituali di buon auspicio, o inizio o ora di buon auspicio di un rituale, piuttosto il mangala come pratiche di buon auspicio emerse probabilmente nelle tradizioni indiane durante l'era medievale (dopo la metà del I millennio d.C. ), da allora in poi lo troviamo nell'induismo, buddismo e giainismo. [confronta: Christopher Minkowski, Abhandlungen für die Kunde des Morgenlandes (2008)]
Altra attribuzione ricorrente è alla Katha Upanishad, dell' 800 a.C. circa, la bellissima storia di Nachiketa che incontra Yama, il deva della morte, testo molto importante anche per lo yoga, citato come percorso per la conoscenza del sé, ma il nostro mantra, ad una accurata ricerca, non compare in nessuna forma neanche qui.
Questo mantra viene chiamato mangala mantra, मङ्गल मन्त्र, ovvero "la formula di buon auspicio", mangala ha questo significato, ma anche quello di Marte, il pianeta rosso e il deva della guerra, considerato appunto favorevole. Il mantra di chiusura dell'Ashtanga Yoga e di molte cerimonie, viene anche chiamato Lokakshema, लोकक्षेम, con analogo significato di "benessere globale" oppure ancora shanti mantra, mantra della pace. Come vedremo infatti è un augurio generalizzato di prosperità.
E' molto recitato, ad esempio alla fine delle puja, i rituali dei sacerdoti induisti, oppure alla fine di cerimonie pubbliche o private. Anche Sathya Sai Baba era notoriamente solito recitarlo alle sue riunioni di preghiera. Mi è capitato in India di sentirlo recitare congiuntamente con la Gayatri Mantra: quando i presenti pronunciavano l'Om shanti finale, l'officiante recitava, quasi tra sé e sé, la Gayatri. Non conosco onestamente il perché di questa formula, ne se sia ortodossa, posso solamente notare vagamente che i due mantra abbiano un senso di augurio, che può essere paragonabile, e che, forse per lo stesso motivo, qualcuno lo avrebbe creduto presente nel RigVeda, come la Gayatri [confronta: Il mantra Gayatri , la più antica e famosa preghiera ].
Santanam Swaminathan, uno studioso Indiano Tamil, sostiene che questi versi debbano essere considerati l'inno nazionale delle genti hindu, dando anche una chiave nazionalistica ed identitaria al componimento, in opposizione all'inno ufficiale indiano composto da Rabindranath Tagor, poeta di nascita Bengali, premio Nobel per la letteratura.
Da dove ha origine quindi il Mangala Mantra? Non è chiarissimo, ma la più antica fonte scritta che ne racchiude una parte sono le iscrizioni in pietra dei governanti della dinastia Sangama, intorno al 1300 d.C., iscrizioni in caratteri kannada, la lingua parlata in Karnataka, regione in cui si trova Mysore e la lingua natale del maestro Pattabhi Jois. Questo chiuderebbe in qualche modo il cerchio, attestando il radicamento antico di questo mantra nel territorio.
Sul perchè il maestro Jois lo abbia scelto abbiamo solo racconti e supposizioni. Si narra infatti che la pratica dell'Ashtanga Vinyasa Yoga non prevedesse la recitazione di un mantra finale. Proprio per come è strutturata la pratica mysore infatti anche ai giorni nostri può capitare di frequentare per mesi una shala e non sentire nessuno recitare il mantra di chiusura, infatti ogni praticante finisce in un momento differente rispetto agli altri. Al termine delle classi guidate, raccomandate una volta la settimana secondo la tradizione, non tutti i maestri recitano il Mangala Mantra, ed anche Pattabhi Jois, da quanto attestato dai suoi studenti e da numerosi video, non sempre lo intonava.
Da quanto raccontato, furono i suoi allievi a dire che, come amavano aprire con il mantra che era stato insegnato loro, avrebbero gradito finire allo stesso modo. Probabilmente il maestro Jois condivise con loro il mantra più famoso e di buon auspicio, per la chiusura di una pratica, che conosceva.
Il mantra consta di due versi, più la formula di chiusura, ma spesso, soprattutto nella versione in cui l'officiante recita e i praticanti rispondono, viene diviso ulteriormente in quattro parti per verso, per un totale di otto versi, come accade per il mantra di apertura. Per la fine del verso tradizionale fate riferimento al carattere " । ". E' pratica diffusa usare la punteggiatura latina all'interno dei caratteri sanscriti, ma è chiaramente un errore, oltre ad essere esteticamente molto brutto. Allo stesso modo non esiste distinzione tra maiuscole e minuscole.
ॐ
ōm̐
स्वस्तिप्रजाभ्यः
svasti-prajābhyaḥ
svasti= benessere, successo, buona fortuna
prajābhyaḥ= (pl. dat.) alle persone, per l'umanità
Aum, [Possa esserci] benessere per tutta l'umanità
परिपालयंतां न्यायेन मार्गेण महीं महीशाः ।
paripālayaṃtāṃ nyāyēna mārgēṇa mahīṁ mahī-śāḥ ।
paripālayaṃtāṃ = (3. pers. pl. imperativo) proteggete, abbiate cura, rialzate
nyāyēna= nel modo corretto
mārgēṇa= sul sentiero, per via di, tramite
mahīṁ= (acc. sing. contrazione da mahatī) la terra
mahīśāḥ= i potenti, i governanti, i sostenitori della terra
Possano i potenti avere cura della terra attraverso il giusto cammino;
गोब्राह्मणेभ्यः शुभमस्तु नित्यं
go-brāhmaṇēbhyaḥ śubham-astu nityaṁ
go =letterale: mucca, colui che da il sostentamento, la parola/il verbo
brāhmaṇēbhyaḥ= (dat. plur.) ai bramini o bramani, ai sacerdoti, a coloro che seguono lo spirito universale o brahman
śubham= (acc. sing.) di buon auspicio, felice, ricco
astu= (3. pers. sg. imperativo) sia, possa essere
nityaṁ= eterno
Possa lo spirito universale concedere eterna felicità a coloro che conoscono il percorso spirituale;
लोकाः समस्ताः सुखिनोभवंतु ॥
lokāḥ samastāḥ sukhinobhavantu ॥
lōkāḥ= (nom. plu.) i mondi, i tre mondi
samastāḥ= tutti quanti, uniti, interi
sukhini= contento, felice
bhavantu= (imperativo 3. Pl.) siano, possano essere
Possano essere felici [le creature di] tutti quanti i mondi ;
ॐ शान्तिः शान्तिः शान्तिः |
ōm̐ śāntiḥ śāntiḥ śāntiḥ ॥
śāntiḥ= (nom. sing) la pace
AUM, pace, pace, pace.
Il senso di buon auspicio del mantra è sicuramente percepibile in modo immediato. Il significato sembra anche piuttosto lineare.
Si chiede che lo spirito universale, chiamato qui in modo impersonale go, la vacca, quindi colui che da il nutrimento, conceda alcune grazie a vari ordini di esseri. Quattro auspìci per quattro categorie.
In primo luogo la felicità a tutte le persone, intese come le persone comuni.
In secondo luogo il giusto discernimento ai governanti, affinchè abbiano cura di tutte le genti. In India il primo compito e la prima responsabilità di ogni governante è ritenuta assicurare prosperità a chi viene governato. Aver cura della Terra, non riteniamo abbia un significato ecologista, seppure la tentazione sarebbe forte, ma è da intendere come le persone che popolano la terra, gli stati, che sono governati.
La terza grazia che viene richiesta è la felicità eterna, quindi anche successiva questa vita, qualcosa di simile alla liberazione finale, per coloro che si occupano del percorso spirituale. Il testo fa riferimento proprio ai sacerdoti indiani della casta dei bramini, ma con un piccolo salto, possiamo estendere il significato a coloro che conoscono il Brahman, lo spirito universale, implicito nel nome stesso di brahmano.
Infine il quarto gruppo per il quale si richiede la grazia della felicità sono gli esseri di tutti i mondi. Nella cosmografia dell'induismo, l'universo o qualsiasi sua particolare divisione è chiamata loka. La divisione più comune dell'universo è il tri-loka, o i tre mondi, ovvero cielo, terra, atmosfera; più tardi, cielo, terra, mondo sotterraneo, ognuno dei quali è diviso in sette regioni, ma non divaghiamo. Si richiede quindi felicità per gli esseri che popolano la terra, ma anche per gli spiriti degli inferi, gli asura e altre creature, e sicuramente anche per i deva che risiedono nei cieli. Lokah samastah sukhinobhavantu è un verso molto utilizzato e molto famoso sia in India che in Occidente. Alle volte viene interpretato con un'enfasi animalista ante-litteram. Sicuramente tra le creature ci sono anche gli animali, ma il senso del verso è molto più vasto e racchiude animali, persone, demoni e divinità.
Come tutti gli inni, vedici e successivi, si aprono con l'Aum, così spesso si chiudono con la formula shantih, shantih, shantih, invocazione di pace, che nel caso di questo mantra è particolarmente calzante: pace e felicità in ogni dove.
E' infine da osservare che esistono versioni significativamente più lunghe di questo mantra, di cui la più conosciuta è forse quella che unisce al mangala mantra anche l'inno di auspicio per la pioggia e quello di augurio per la fertilità della progenie. In realtà quest'ultimo veramente minoritario, non sarà riportato. Questi prevedono i seguenti, bellissimi versi prima della chiusura finale:
काले वर्षतु पर्जन्यः पृथिवी सस्यशालिनी ।
देशोयं क्षोभरहितः सज्जनाः सन्तु निर्भयाः ।।
kāle varṣatu parjanyaḥ pṛthvī sasyaśālinī,
deśoyaṁ kṣobharahitaḥ sajjanāḥ santu nirbhayāḥ
kāle=in tempo, nel giusto momento
varṣatu= (impreativo 3a p. sing) cada
parjanyaḥ= (nominativo) la pioggia
pṛthvī=(nominativo) la terra
sasyaśālinī= ricca di grano
deśaḥ=(nom.) luogo,provincia,regione
ayam= questa
rahitaḥ= (nom.) libera
kṣobhaḥ=turbamenti, preoccupazioni, agitazioni
sajjanā=gli uomini benevoli, i buoni, i brahmani
saṁtu= (imperativo 3a p. plu.) siano
nirbhayāḥ= senza paura
Possa la pioggia cadere nel periodo propizio,
possa la terra essere ricca di grano;
possa questa regione essere libera da turbamenti,
possano coloro che seguono il cammino spirituale essere senza paura.
Versi veramente senza tempo, alla pace aggiungono la prosperità e non ci possono lasciare indifferenti le ultime tre parole: possano gli uomini benevoli non conoscere la paura.
Ricapitolando:
ॐ
स्वस्तिप्रजाभ्यः परिपालयंतां न्यायेन मार्गेण महीं महीशाः |
गोब्राह्मणेभ्यः शुभमस्तु नित्यं लोकाः समस्ताः सुखिनोभवंतु ||
काले वर्षतु पर्जन्यः पृथिवी सस्यशालिनी ।
देशोयं क्षोभरहितः सज्जनाः सन्तु निर्भयाः ।।
ॐ शान्तिः शान्तिः शान्तिः
auṁ
svasti-prajā-bhyaḥ pari-pāla-yaṁtāṁ nyāyena mārgeṇa mahīṁ mahīśāḥ
go-brāhmaṇebhyaḥ śubham-astu nityaṁ lokāḥ samastāḥ sukhino-bhavaṁtu
kāle varṣatu parjanyaḥ pṛthvī sasyaśālinī,
deśo'yaṁ kṣobharahitaḥ sajjanāḥ saṁtu nirbhayāḥ
auṁ śāntiḥ śāntiḥ śāntiḥ
auṁ
Aum, [Possa esserci] benessere per tutta l'umanità, possano i potenti avere cura della terra attraverso il giusto cammino;
Possa lo spirito universale concedere eterna felicità a coloro che conoscono il percorso spirituale, possano essere felici [le creature di] tutti quanti i mondi;
Possa la pioggia cadere nel periodo propizio, possa la terra essere ricca di grano;
possa questa regione essere libera da turbamenti, possano coloro che seguono il cammino spirituale essere senza paura.
AUM, pace, pace, pace.
1 commenti
Appunto...occhio a non scivolare nel dogma, visto che neppure Pattabhi Jois in origine non dava indicazioni in proposito...
RispondiElimina