I samskara chiave interpretativa dello yoga
novembre 16, 2020di Marco Sebastiani
Un samskara, devanagari संस्कार , è un modo automatico e condizionato di pensare e rispondere agli eventi della vita intorno a noi. In accordo con Eknath Easwaran in "Essence of the Upanishad: a key to Indian Spirituality" appare chiaro nei commentari dei Veda che quando un samskara è forte, pensiamo ad esso come ad una parte immutevole della personalità: la gelosia di Otello, l'indecisione di Amleto, l'ambizione di Macbeth; questa diremo essere "la loro natura". Queste impronte derivano dalla ripetizione dei medesimi modelli da quando siamo giovani, ma anche dalle vite precedenti. Secondo varie scuole di filosofia indiana, tra le quali Samkya, i samskara sono le sottili impressioni mentali lasciate da tutti i pensieri, le intenzioni e le azioni che un individuo abbia mai sperimentato. Spesso paragonati a solchi nella mente, nei quali trovano accoglienza i semi delle azioni che generano i frutti del karma, possono essere considerati come impronte psicologiche o emotive che contribuiscono alla formazione di modelli comportamentali. I samskara sono al di sotto del livello di coscienza normale e si dice che siano la radice di tutti gli impulsi, i tratti caratteriali e le disposizioni innate.
Secondo Stephen Philips, in "Yoga, Karma, and Rebirth: A Brief History and Philosophy", nei vedanta, le Upanishad di commento ai Veda, i samskara sono visti come tracce o come un temperamento che evolve attraverso il raffinamento di una coscienza interiore individuale e di una personalità espressa, ed è una forma di "preparazione all'essere" nella psicologia vedantica. Tutta l'attività fisica, verbale e mentale, secondo la scuola dell'Induismo Vedanta, crea samskara, o tracce, all'interno di una persona.
Questi Samskara insieme si manifestano, secondo Andrew Fort,"Jivamukti in transformation", come personalità interiore e circostanze esterne e, a seconda della risposta dell'individuo, producendo poi phala (frutti). Shankara, Mandana, Sarvajnatman e altri studiosi del Vedanta suggeriscono che, nello stato in cui un individuo realizza il Sé e raggiunge jivanmukti ( o moksha), la liberazione in vita, le cause dell'ignoranza scompaiono, l'individuo raggiunge la risoluzione interiore e la completa accettazione del sé, diventando così libero dai samskara e accedendo al conseguente stato di esistenza beata.
Sanjeev Kumar Yadav in "Human Samskaras and the Psychic Process" asserisce che i samskara, secondo le filosofie indù, si riferiscono alle impressioni, delle vite presenti e passate, nella mente e alle tendenze abituali che guidano le azioni presenti. Nella psicologia indù manav samskara sono correlati con i manav dharma: kartavya (doveri e responsabilità), charitra (carattere),
chintan (logica e saggezza discriminante) e vyavahara (comportamento). Ovvero i doveri e le responsabilità verso se stessi, la famiglia, la società, la nazione e il pianeta, obiettivo principale di ogni essere umano, sono in diretto collegamento con i samskara. D'altronde, chi adempie ai suoi doveri e responsabilità prendendosi cura di tutti e motiva gli altri a fare lo stesso, è un essere illuminato (Rigveda 21.6.12).
I samskara sono la qualità della coscienza che guida i propri pensieri ed emozioni (incorporati nelle intenzioni) verso il proprio karma, mentre si è guidati dall'intelligenza e dalla saggezza discriminante (viveka). Possono essere sia positivi che negativi. Il samskara positivo aiuta nell'ascensione della coscienza e una coscienza ascesa potrebbe portare alla creazione di karma positivo attraverso azioni virtuose. Allo stesso modo i samskara negativi degradano la qualità della coscienza. Le azioni compiute da una coscienza degradata portano inoltre alla formazione di semi di karma negativo nella sostanza mentale di chi agisce, sviluppando il potenziale per cattive azioni nel prossimo futuro, afferma Reichenbach, nel monumentale "Indian Philosophy".
Samskara è un termine sanscrito, derivato da due radici; sam significa 'ben pianificato' o 'ben pensato', e kara significa 'l'azione intrapresa'. Come tale, si ritiene che le azioni eseguite con piena consapevolezza abbiano il maggiore impatto, lasciando impressioni che sono più facilmente rintracciabili e ripetute.
Nel buddismo, i samskara sono intesi come "formazioni" mentali, mentre nella filosofia indù i samskara sono la base dello sviluppo del karma, fornendo la prova della rinascita. Lo stesso concetto è indicato in pali come sankhara. Così, semplificando, potrei soffrire di claustrofobia se in una precedente vita sono morto affogato oppure potrei provare una gioia vicina all'estasi annusando un incenso, se in una precedente vita sono stato un monaco. In quanto tali, i samskara sono parte costituente della teoria del karma; le
azioni accumulate in una vita saranno trasmesse alle future
reincarnazioni proprio tramite i samskara. Secondo le credenze indù sulla reincarnazione, ogni persona è già nata
con samskara che sono impressi e incorporati nella sua mente dalle vite
passate. Durante la vita un individuo otterrà molti altri samskara in
base alle sue intenzioni, ai suoi pensieri e alle sue azioni.
I samskara hanno origine quando un vritti, o onda del pensiero, sorge nella mente. Una volta che questa onda di pensiero ha lasciato la mente conscia, affonda nella mente subconscia o inconscia, dove rimane sotto forma di un samskara. In quanto tali, i samskara servono anche come depositi di memoria che conservano tutte le esperienze passate in perfetto dettaglio. Quando i ricordi vengono richiamati, i samskara ritornano al livello della mente cosciente. Ogni volta che un samskara viene richiamato e ripetuto, il solco diventa più profondo e l'impressione diventa più forte, portando infine alla formazione di abitudini.
Oltre a fornire una registrazione del passato, i samskara hanno una potenza residua che può potenzialmente influenzare il futuro di una persona. Contengono aspettative nascoste e idee inconsce che attendono di realizzarsi e, in alcuni casi, possono essere abbastanza forti da alterare i processi di pensiero. In questo modo sono i residui individuali del karma passato e di quello futuro.
I samskara modellano lo sviluppo morale e spirituale di un individuo e sono considerati la radice delle interpretazioni sia piacevoli che dolorose delle esperienze. In questa accezione il concetto di samskara è strettamente collegato con tutte le pratiche yoga e con il miglioramento del karma che queste comportano, proprio grazie all'influenza positiva sui samskara residui. Si ritiene che le pratiche del raja yoga o dell'hatha yoga tutte, come asana, posizioni, pranayama, respirazione controllata, dharana, concentrazione, e dhyana, meditazione, permettano ai praticanti di incontrare samskara al di sotto della soglia della coscienza, permettendo così di comprendere e sostituire le impronte negative con quelle positive. Inutile evidenziare come anche l'osservanza di yama, norme di comportamento etiche verso la società, e nyama, norme di comportamento morali verso se stessi, sia intrinsecamente connaturata a questa purificazione in quanto base fondante delle buone azioni verso la società e verso se stessi. Poiché i samskara possono condizionare le percezioni di sé e degli altri, in modo positivo o negativo, lo scopo della pratica spirituale dovrebbe essere quello di cercare e rafforzare alcuni samskara eliminando quelli che non si allineano con i valori morali ed etici. Ma qui le opinioni non sono sempre concordi, alcune scuole affermano che tutti i samskara vadano eliminati, altre solamente quelli negativi. Trovando una via di incontro potremmo supporre che l'eliminazione di quelli negativi sia vincolante per il processo di crescita e miglioramento, l'eliminazione anche di quelli positivi lo sia per la liberazione finale e il ricongiungimento con lo spirito universale, samadhi.
Andando un pochino più a fondo, un samskara è una impronta lasciata dal karma, mentre, ad essere scrupolosi, un vasana è un'impressione passata nella mente che influenza il comportamento, collegata ad un samskara. Le vasana possono essere buone o cattive: ad esempio, rispondere con amore quando qualcuno ha bisogno o, al contrario, rispondere in modo difensivo perché una situazione ha innescato un ricordo negativo. In altre parole, una vasana è la risposta abituale o automatica alle situazioni. Possono essere pensati come modelli di comportamento radicati. Vasana può anche significare un desiderio o un'aspettativa di qualcosa o una conoscenza derivata dalla memoria. Le vasana sono considerate ostacoli alla crescita spirituale e alla felicità. Sono ostacoli perché sono distorti dalle nostre esperienze, opinioni e desideri passati. Creano irrequietezza nella mente e attaccamento agli oggetti del desiderio, siano essi oggetti materiali, amore o successo. Sicuramente sono un ostacolo all'auto determinazione, si reagisce in modo quasi automatico allo stimolo, anzi, lo stimolo stesso non è poi così importante. Se ho un samskara legato al risentimento o alla negatività, scatterà questo modello anche in modo immotivato, se è radicato in profondità. Spesso nel linguaggio comune vasana e samskara assumono significati sovrapponibili. Per ottenere la crescita spirituale e l'eventuale liberazione, lo yogi deve liberarsi dai vasana. Come già detto, le pratiche yoga come le asana, la meditazione, il pranayama e il canto dei mantra sono strumenti che possono aiutare a raggiungere questa libertà. Come dice TKV Desikachar in "Religiousness in Yoga", l'ignoranza della via spirituale, avidya, genera samskara negativi, mentre la conoscenza, vidya, al contrario genera semi positivi, che possono anche sostituire i primi.
Secondo alcune scuole di yoga i samskara si annidano nel corpo e nella mente e sono il motivo per il quale abbiamo alcune limitazioni nella pratica dello yoga. Queste limitazioni possono essere di molteplice natura e verificarsi nei differenti tipi di pratica. Il continuo divagare della mente durante la meditazione o l'impossibilità a concentrarsi. L'impossibilità di ricordare i canti vedici. Oppure infine, forse inaspettatamente, anche in certe asana nelle quali incontriamo difficoltà. Lavorando però su quelle posizioni, lentamente il samskara viene sciolto ed infine eliminato e a quel punto la posizione riesce ed allora si passa alla successiva, andando sempre più in profondità. E' un concetto al quale non siamo abituati che mette in collegamento le asana in prima istanza, ma anche tutte le successive componenti dell'ashtanga yoga, e la purificazione, nel processo della loro esecuzione. In alcune scuole tradizionaliste del Sud dell'India ho sentito personalmente affermare dal maestro che se alcune posizioni non riescono, e impiegheremo anni nel raggiungerle, oppure non riusciranno mai nella vita, ciò dipende dal nostro karma. Il senso era questo. Dipende da precedenti esperienze e impurità che si sono accumulate nel corpo e nella mente, e che lo yoga può aiutare a rimuovere, ma solamente con un lavoro e una pratica molto intensi negli anni. Il fuoco purificatore dello yoga, tapah, la pratica intensa, rimuove questi ostacoli personali dal sistema energetico che scorre attraverso di noi su vari livelli: fisico, mentale, energetico, spirituale ed i loro "corpi" corrispondenti. La pratica dello yoga offre quella che si dice sia l'unica via d'uscita.
Invece di combattere i samskara negativi, la pratica dello yoga cerca
di bruciare i samskara con la luce della pura consapevolezza. Questo
viene fatto con la pratica fisica e spirituale effettiva che coltiva il
fuoco della purificazione sviluppato dalla pratica intensa. Una volta che
il fuoco interno è acceso, ha il potere di bruciare letteralmente i
samskara negativi e non hanno
più la capacità di crescere e portare i loro dolorosi frutti. Il discorso è ritenuto vero anche nel suo senso opposto e quindi chi ha facilità da subito nella pratica è considerato favorito dal karma e quindi portatore di molteplici samskara positivi. Chi è chiamato verso lo yoga ha praticato yoga nelle vite precedenti ed è ad esso attratto dai samskara e dalle vasana che questo ha lasciato. "Tu hai già fatto yoga nelle vite precedenti, ma forse solamente non lo ricordi in questo momento" era solito dire un sadhu nath, monaco shivaita, presso Gangotri, alle persone più dotate che si avvicinavano a lui per praticare yoga e cantare i mantra, ma che affermavano di non essersi mai accostati a tale attività.
Infne, diventare più consapevoli significa in fondo proprio questo: abbandonare vecchi modelli di reazione, vecchie tendenze e saper valutare la circostanza in quel momento, senza farsi influenzare da esperienze pregresse o da risposte automatiche. Una piccola consapevolezza genera un grande cambiamento. Se ogni volta che sentiamo il richiamo a scatenare l'aggressività, a cadere in depressione o a cedere all'ansia, ci fermassimo abbastanza a lungo da interrompere il ciclo, richiamando la condizione d'animo che sperimentiamo durante la pratica, potremmo essere in grado di fare un passo avanti e praticare lo yoga lontano dal luogo consueto di pratica. Lo yoga per il pensiero induista è proprio un processo di miglioramento individuale che dura tutta la vita, anzi, che dura tutte le nostre vite e che potenzialmente può rendere il mondo un posto migliore.
N.B. Samskara, scritto anche in sanscrito/hindi nello stesso modo, संस्कार, significa anche "rito di passaggio" e vengono così comunemente chiamati i "sacramenti" che accompagnano la vita di ogni Indù.
Il medesimo termine viene anche utilizzato nell'Ayurveda per indicare purificazioni successive, ma l'ambito è completamente differente.
2 commenti
molto chiaro ed esauriente, grazie
RispondiEliminacomplimenti. concetti non facile da spiegare, eppure Marco Sebastiani ci è riuscito, rendendoli comprensibili
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