Sanscrito Lez.6 - unione di parole
maggio 06, 2020Fino a questo punto la lettura e la scrittura del sanscrito sono state piuttosto lineari, il prossimo argomento, al contrario, rappresenta un punto cruciale di questa lingua e forse uno degli aspetti più ostici.
Abbiamo detto che il sanscrito ha come regola fondamentale quella di venire letto esattamente come si scrive. In realtà, essendo la scrittura nata dopo la lingua parlata, è esattamente il contrario: i grammatici vollero uno strumento nel quale i segni rispecchiassero esattamente ciò che veniva pronunciato. Questo aspetto semplifica la lettura e la scrittura. In italiano avviene all'incirca la stessa cosa, mentre in inglese, ad esempio, ogni parola, indipendentemente da come sia scritta, ha di fatto una propria pronuncia impossibile da prevedere.
In italiano però questo concetto non è estremizzato e raramente viene influenzata la scrittura a seconda di come una parola finisce ed inizia la successiva. Anche nella nostra lingua la lettera finale di una parola e quella iniziale della successiva si influenzano, cambiando leggermente la pronuncia, però non alteriamo in base a questo la forma scritta. Questo avviene solo in maniera limitatissima, ad esempio:
a + la spiaggia = alla spiaggia
a + il mare = al mare
di + la + casa = della casa
a + Andrea = ad Andrea
a+lo+ombrellone = all'ombrellone
però scriveremo ad esempio:
in piedi
pur pronunciando:
/impiédi/
In sanscrito al contrario se l'ultima lettera di una parola e la prima della successiva si incontrano cambiando leggermente la pronuncia, questo viene reso anche nella forma scritta in modo da permettere una lettura più fluida. Sia la lingua parlata che quella scritta si adattano quindi al principio dell'eufonia, cioè alla gradevolezza dell'ascolto.
Esiste un elaborato gruppo di regole di unione tra le parole sulla base dell' ultima e della prima lettera, chiamato sandhi, congiunzione.
Dobbiamo infatti registrare che nei versi ogni parola, se possibile, si unisce con la successiva, si uniscono anche una, due, tre o più parole. Ciò rispecchia la lettura fluida e consecutiva del verso.
All'incirca le stesse regole si applicano quando abbiamo dei termini composti.
Nella traslitterazione le parole composite sono lasciate unite, mentre le parole congiunte dal sandhi sono, a volte, trascritte con un trattino a separarle.
Il verso sanscrito più famoso, nel mondo dello yoga, è certamente il secondo del primo libro dei sutra di Patanjali:
योगश्चित्तवृत्तिनिरोधः ॥२॥
yogaś-citta-vr̥tti-nirodhaḥ ॥2॥
Lo yoga (soggetto della frase) è (verbo sottointeso), il controllo (nirodhaḥ) delle oscillazioni della mente.
Queste quattro parole si uniscono insieme secondo le regole del sandhi. Le ultime tre parole non presentano particolari difficoltà, si uniscono in modo intuitivo:
चित्तवृत्तिनिरोधः
citta-vr̥tti-nirodhaḥ
a volte si incontra la notazione cittavr̥tti-nirodhaḥ, considerando i due termini una parola composta, cittavr̥tti, le oscillazioni della mente.
Le prime due parole al contrario hanno una particolarità, la traslitterazione riporta correttamente yogaś, ma la desinenza ś, श्, non rappresenta nessun caso, è una parola che non esiste, il nominativo di yoga, ovvero la desinenza che si appone quando la parola è soggetto (torneremo su questi concetti), è योग: , yogaḥ. Ma il visarga finale di yogaḥ, viene modificato dalla successiva च, ca, di citta, dando origine, per le regole del sandhi, al suono श्, śa. Così evidentemente era pronunciato yogaḥ citta ovvero योगश्चित्त, yogaścitta, e così viene scritto.
Esistono due approcci allo studio del sandhi, il primo prevede l'analisi di ogni possibile combinazione di congiunzione, tra tutte le vocali e tra tutte le consonanti, tra l'ultima lettera possibile di ogni parola e la prima a cui si unisce, e di tutte le sue eccezioni. Il secondo prevede di studiare le differenti forme quando si presentano nei versi delle opere o nelle parole composte, ed è l'approccio che spesso adottano le scuole indiane, nelle quali spesso il primo passo consiste nell'imparare a memoria qualche testo.E' un metodo che funziona.
Il primo approccio, molto analitico e complesso, oltre ad essere estremamente ostico, ha anche il difetto di non rendere necessariamente scontata la lettura dei versi, infatti pur conoscendo ogni regola di congiunzione, se non si conoscono esattamente anche le parole che si stanno congiungendo, risulta comunque impossibile distinguerle.
Come ci regoleremo quindi per lo studio del sandhi? Di seguito vedremo rapidamente e in modo schematico le principali regole, non per imparare a memoria ogni possibile combinazione, bensì per avere un'idea di massima su quali possano essere le trasformazioni che intercorrono, in modo da poterle riconoscere più facilmente quando le troveremo nella pratica.
Esistono interi libri enciclopedici dedicati a questo infinito argomento, e vi devo confidare che, seppure raramente e in manoscritti non famosissimi, capita di incontrare congiunzioni tra parole che non seguono nessuna regola e violano persino le eccezioni conosciute: di fatto l'autore sta inventando una propria forma o sta rispecchiando la pronuncia del suo dialetto. In una scrittura utilizzata e formalizzata dai grammatici dal 500AC sino ai nostri giorni, in un'area più grande dell'Europa, non ci scandalizzeremo e ce ne faremo una ragione.
Teniamo anche presente che le regole della congiunzione tra le parole sono in fin dei conti semplici, è la loro applicazione che ha mille rivoli e quindi risulta complessa. Le regole generali fondamentali sono tre:
- L'ultimo suono di una parola cambia, a seconda del primo suono della parola successiva. A volte, anche quel primo suono della parola successiva cambia.
- Una consonante alla fine di una parola diventa 'più simile' al primo suono della parola successiva.
- Una vocale alla fine di una parola interagisce (e spesso si fonde) con una vocale successiva, ma rimane la stessa quando a seguire è una consonante.
Altre due regole particolari possono aiutarci:
- Una parola completa può iniziare con vocali o consonanti tranne ॠ, ऌ, ङ्, ञ्, ण्, anusvara e visarga.
- Una parola completa può terminare con qualsiasi vocale tranne ॠ e ऌ. oppure con soltanto una delle consonanti: क्, ट्, त्, प्, ङ्, ण्, न्, म्, ल्, visarga e anusvara.
Congiunzione di vocali
I) Procedendo dalla prima e più semplice regola: quando due vocali semplici, brevi o lunghe (a, ā, i, ī, u, ū, ri, rī ovvero अ, आ, इ, ई, उ, ऊ, ऋ, ॠ) e simili, ovvero con lo stesso suono, si incontrano, si combinano per diventare una vocale lunga di quel suono. Facciamo due esempi che chiariscono anche cosa sia il sandhi interno, ovvero per le parole composite ed il sandhi esterno ovvero per l'unione di più parole in un verso:sandhi interno tra vocali simili semplici:
वीर + आसन = वीरासन
vira + āsana = virāsana,
posizione dell'eroe
sandhi esterno tra vocali simili semplici:
अथ योग + अनुशासनम् = अथ योगानुशासनम्
atha yoga + anuśāsanam = atha yogānuśāsanam
che per chiarezza viene traslitterato atha yoga-anuśāsanam
Adesso (atha) la disciplina dello yoga
II) Possiamo dire che il caso delle vocali semplici sia comunque il caso più diffuso di sandhi tra vocali e che, per aggiungere un altro tassello, quando la prima parola termina con ए, ऐ, ओ, ovvero e, ai, o finali, non produce nessuna unione, con la parola successiva. Invero non è il caso più comune, ed anche gli altri che vediamo restano come frequenza in minore percentuale.
Ecco quindi una tabella che raccoglie tutti i tipi di sandhi tra vocali, per la sua interpretazione leggi oltre.
Ci scusiamo per la tabella un po' rozza, con le sole lettere traslitterate, senza i caratteri devanāgari, ma la responsabilità è della Harvard University, che, a parte gli scherzi, ringraziamo e omaggiamo, anche per questo schema riassuntivo piuttosto chiaro.
Per trovare il sandhi che ci interessa partiamo dall'ultima lettera della prima parola e dalla vocale con cui finisce, cercandola sulla prima riga della tabella, e cerchiamo l'incrocio con la prima lettera della seconda parola partendo invece dall'ultima colonna.
Alcuni chiarimenti fondamentali:
1) Le vocali con al di sopra un doppio segno, significa che possono essere sia lunghe che corte.
2) le caselle ombreggiate, in cui vi sono due lettere separate da uno spazio, mostrano che il sandhi non si applica e le parole restano separate. La regola è quindi che e, ai, o finali non producono l'unione tra le parole. Costituiscono un'eccezione i due casi in cui vediamo un apostrofo: quando e oppure o finali incontrano la a (breve),
esempio:
मुनये + अन्न = मुनयेऽन्न
munaye + anna = munaye'nna
Questo esempio ci permette di introdurre un nuovo simbolo della scrittura devanāgari, il cosiddetto avagraha, ऽ , traslitterato come un apostrofo ' e avente simile utilizzo: rappresenta la caduta di una lettera.
Ex.1
Copia, Traslittera e indica quale sandhi viene applicato e perchè:
- कृष्ण + एकत्वम् = कृष्णैकत्वम्
- सूर्य + उदयः = सूर्योदयः
- कृष्ण + एकत्वम् = कृष्णैकत्वम्
- मधु + एतत् = मध्वेतत्
- प्रभो + अधुना = प्रभोऽधुना
- प्र + एजते = प्रेजते
- प्र + ओखति = प्रोखति
Congiunzione di consonanti
I casi di unione e modifica tra consonanti sono illimitati, ma esistono due tipologie molto più frequenti delle altre, perchè desinenze molto comuni nelle declinazioni, ovvero le classi di suffissi che vengono messi alla fine delle parole per formare i vari casi. Il caso determina il ruolo del termine nella frase: soggetto oppure complemento di specificazione oppure il moto verso di esso, etc. Come avviene in Latino, Greco, Tedesco etc.I) Un sandhi molto comune è quando la म् (il virama, il trattino, sotto, da sinistra a destra ricordiamo che indica si legge m e non ma) è l'ultima lettera di una parola ed è seguita da una parola che inizia con una consonante. In questo caso diventa un anusvara, ं , traslitterato ṃ, e le parole non si uniscono.
YS 2.16:
हेयम् दुःखमनागतम्
हेयं दुःखमनागतम् ॥१६॥
heyaṁ duḥkham-anāgatam
La sofferenza (duḥkham) futura (anāgatam) è (verbo sottointeso) evitata.
Si noti come tutte le parole finiscano in म्, m, perchè sono l'accusativo o il nominativo singolare di parole con il tema in a e di genere neutro, molto comuni.
Ib) Quando invece alla la म् segue una parola che inizia con una vocale, le parole, banalmente, si uniscono.
II) Un altro caso statisticamente molto frequente, per i motivi indicati in precedenza, sono le parole che terminano con il visarga, :, ovvero ḥ .
Se il visarga è preceduto da una अ, a, e seguito come prima lettera della successiva parola, da una consonante muta (ricordate le prime due colonne delle consonanti, quelle che usano poca aria a stimolare le corde vocali? più le sibilanti?) non succede nulla, le parole restano staccate.
YS1.5:
वृत्तयः पञ्चतय्यः क्लिष्टाक्लिष्टाः
वृत्तयः पञ्चतय्यः क्लिष्टाक्लिष्टाः ॥५॥
vr̥ttayaḥ pañcatayyaḥ kliṣṭākliṣṭāḥ ॥5॥
Esistono (verbo sottointeso) cinque tipi (pañcatayyaḥ parola composta, pañcha, cinque) di oscillazioni (vr̥ttayaḥ) gravose o spensierate (klista-akliṣṭaḥ notare lo stesso termine preceduto dalla a che diventa il suo opposto, come in italiano: sociale, asociale, come l'alfa privativo in greco e in altre lingue indoeuropee). Patanjali ci perdoni per la tremenda traduzione letterale.
Ecco quindi una tabella che raccoglie tutti i tipi di sandhi con ultima lettera della prima parola consonante:
Abbiamo lo stesso funzionamento del precedente schema, i campi delle consonanti sonore sono ombreggiati.
note:
(1) Quando la lettera finale è -n (o più raramente, -ṅ) ed è preceduta da una vocale breve e la parola successiva inizia con un vocale, la -n / ṅ raddoppia: smayan iva - ›smayann iva.
(2) Eccezione: -aḥ finale + a- iniziale diventa -o es.: naraḥ asti -› naro ’sti
(3) Tra una finale -n e qualsiasi suono iniziale che si forma usando la lingua (c- / ch-, ṭ- / ṭh-, t- / th-), viene inserito un suono s.
(4) Mentre sandhi influenza principalmente i suoni delle parole finali, ci sono alcuni casi in cui anche il suono iniziale della parola successiva è influenzato: agacchat hi - ›agacchad dhi. Nella griglia i suoni iniziali della seconda parola sono indicati tra parentesi dopo le consonanti finali della prima parola .
Ex.2 Copia, Traslittera e indica quale sandhi viene applicato e perchè
- एतद् + पतति = एतत्पतति
- सुहृद् + सु = सुहृत्सु
- सत् + चित् = सच्चित्
- तत् + छिनत्ति = तच्छिनत्ति
- तत् + टिका = तट्टिका
- तत् + लयः = तल्लयः
- तम् + स = तंस
- तम् + ह = तंह
- तम् + रक्षति = तंरक्षति
- तान् + तु = तांस्तु
Il sandhi è il primo grande scoglio nello studio del sanscrito, sono pochi gli studiosi che ne padroneggiano ogni rivolo, ma questo non deve spaventare. Teniamo presente che spesso le edizioni riportano una traslitterazione che "risolve" il sandhi, ovvero indicano in caratteri latini le parole separate, come se non fossero intercorse modificazioni. In questi casi, guardando i caratteri devanāgari è invece possibile capire come si uniscano le parole nel verso. Questo tipo di notazione è ad esempio adottata dal commentario agli Yoga Sutra del maestro Iyengar, eccellente sotto l'aspetto del testo originale. Ma le situazioni sono molteplici, ad esempio l'edizione famosissima della stessa opera, a cura del prof. Squarcini, forse l'edizione italiana più famosa, non riporta i versi in caratteri devanāgari e la traslitterazione, che è riportata in fondo all'opera, non risolve il sandhi e non separa neanche le parole con un trattino. La mancanza del testo devanāgari in questa opera, ci porta comunque ad escluderla a priori, qualora si sia intenzionati ad utilizzare gli Yoga Sutra per approfondire lo studio del sanscrito.
A breve ripubblicheremo su questa rivista i sutra di Patanjali con il testo devanāgari e una traslitterazione più rigorosa di quella oggi disponibile.
Nella prossima lezione analizzeremo un tema più leggero e comune per la pratica dello yoga: i numeri.
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