Il gioiello dello yoga tantrico: gli Shiva Sutra di Vasugupta [SSV1:1-11]
dicembre 03, 2018di Marco Sebastiani
E' con un certo timore reverenziale che mi accingo a tradurre i Sutra di Vasugupta, una delle opere sanscrite universalmente considerate più affascinanti. Susan Ferguson, la grande indianista, li paragona addirittura alla Bhagavad Gita, specificando che, mentre questa è dedicata a tutte le persone che si pongono domande sulla propria esistenza, gli Shiva Sutra hanno invece come destinatario proprio colui che abbia intrapreso il cammino spirituale. Aggiungeremo che possono essere sicuramente una fonte di ispirazione per chi oggi pratica yoga. Sono infatti il pilastro del Tantrismo originatosi in Kashmir e il fondamento del non dualismo che ne è alla base. Il grande studioso indiano Jaideva Singh definisce questa opera "l'origine primaria del sistema filosofico shivaita e dello yoga". Il principio primo del sistema filosofico dello shivaismo kashmiro viene generalmente chiamato "non dualismo". Esistono due entità. La prima è lo spirito individuale in ognuno di noi e può essere scoperto grazie alla pratica dello yoga, quando si eliminano o si controllano le oscillazioni della mente direbbe Patanjali. Il secondo è lo spirito universale che tutto pervade, per qualche autore più simile ad una divinità e per altri più simile ad una energia cosmica generatrice. Questi due principi sono della stessa sostanza, sono la stessa cosa. Questo è il non dualismo. Non è un'affermazione da poco. Ognuno ha dentro di sé una scintilla divina, è parte di Dio, questo è il messaggio. Non sei una goccia nell'universo, ma l'universo in una goccia, per dirla come il grande poeta persiano Rumi. Il compito della pratica è alimentare ed accrescere questa scintilla fino al ricongiungimento totale, o meglio alla totale riscoperta dell'unitarietà. Caratteristiche primarie dello spirito che tutto pervade sono gioia, appagamento e immortalità. A dispetto delle apparenze, quello tantrico è un percorso molto concreto. Per alcuni autori Tantrici questa riscoperta doveva iniziare proprio dal corpo e dalle esperienze materiali, per altri attraverso un percorso più mistico. Nei nostri sutra di Vasugupta è lo yoga la via del ricongiungimento con l'assoluto:
विस्मयो योगभूमिकाः |१-१२|
vismayo yogabhūmikāḥ |1-12|
SSV1.12 La meraviglia è il luogo dello yoga
(oppure: meravigliosa è la via dell'unificazione)
Il linguaggio di questi 77 sutra, divisi in 3 libri, è sicuramente ermetico, adatto ad una dottrina esoterica alla quale per approcciarsi bisognava essere iniziati. Questo aspetto, se da un lato potrebbe renderli di difficile accesso, dall'altro permette a questi versi di essere incredibilmente attuali e di ispirazione, anche dopo 1500 anni. Come per le altre pubblicazioni della rivista, cercheremo di proporre una traduzione il più possibile auto esplicativa, limitando il commento agli aspetti più evidenti ed evocativi per chi pratica yoga oggi.
Come evidenziato nell'eccezionale opera di Dario Chioli, esistono due manoscritti antichi considerati le fonti più autorevoli. Essi hanno alcune differenze, ma non sostanziali. Sono ad esempio differenti le numerazioni dei sutra e questo può generare confusione. Proporremo la numerazione più consolidata, quella di Bhaskara, seppure per la traduzione finale terremo in considerazione anche la versione di Knemaraja.
Jaideva Singh ci informa che esistono tre versioni antiche sull'origine dell'opera, legate ad altrettanti manoscritti. Nella prima, Kallata, all'interno della sua opera Spanda Vritti, sostiene che Shiva insegnò i sutra in sogno a Vasugupta che viveva nei pressi della montagna Mahadeva nella valle del torrente Harvan, dietro lo Shalimar, parco vicino Srinagara. Nella seconda Bhaskara, nel suo Varttika sui sutra di Siva, dice che sono stati rivelati in un sogno da Shiva a un Siddha, essere semi-divino perfetto. Infine Ksemaraja, nel suo commentorio, Vimarsini, sostiene che Shiva apparse a Vasugupta e gli consegno i sutra su di una pietra, come vedremo di seguito.
Ciò che conta è che per tutti i manoscritti, comunque, i sutra di Vasugupta sono di origine divina. Vengono rivelati dal padre e protettore dello yoga, Shiva, direttamente ad un uomo illuminato, per contrastare il diffondersi delle dottrine dualistiche.
Sul monte Mahadeva, luogo remoto nel parco nazionale del Dachingam, nello stato indiano del Kashmir, esiste realmente un enorme masso che viene identificato con quello recante le incisioni dei sutra. Come possiamo aspettarci, questa roccia non riporta però nessuna iscrizione. Le guide locali e i santi uomini nei dintorni affermano che l'iscrizione sia sul lato poggiato a terra del grande macigno e che Vasugupta lo avesse girato per leggerlo. Parole scritte nella pietra. Mi è sempre piaciuto questo racconto ed infonde nei pressi del picco Mahadeva un'atmosfera ancora più mistica di quanto già non facciano i vari ricoveri di sadhu e santi uomini che vivono in quelle zone.
Introduzione sull'origine dei Shiva Sutra (manoscritto di Ksemaraja)
Nella valle del Kashmir tra l' 860 e il 925 d.c. visse Vasugupta. Egli era conosciuto come un maestro illuminato, e un uomo che possedeva grande conoscenza e saggezza. Completamente realizzato in Dio, era dotato di grandissima purezza di cuore ed era intensamente devoto al Signore Shiva, il Supremo Maheshvara. Vasugupta non accettava i vari insegnamenti dei maestri che vivevano in Kashmir al suo tempo. Una notte Shiva apparve in sogno al maestro, per ripristinare quegli insegnamenti segreti che erano stati persi per il mondo, anche ai tempi di Vasugupta. Il sogno rivelò l'esistenza di una grande roccia, speciale, ai piedi della montagna Mahadeva.
Shiva disse a Vasugupta di sollevarla, perché sotto di essa giaceva il grande insegnamento esoterico. Vasugupta si svegliò e partì alla ricerca di questa roccia sacra. Dopo aver trovato la roccia immersa nella riva o di un piccolo ruscello, la toccò e il semplice tocco della sua mano fece sì che l'enorme roccia si trasformasse immediatamente e sotto vi fossero scritti gli Shiva Sutra. Vasugupta era pieno di meraviglia e gioia. Iniziò a studiare questi sutra e con il tempo li padroneggò e li condivise con i suoi studenti più meritevoli, ricordando sempre che nel sogno Shiva lo aveva avvertito di rivelarli solamente a coloro che fossero adatti alla grazia. Così è stato allora, così è ora.
Qui incomincia il primo sentiero dentro il testo che conduce alla felicità di Shiva,
il primo dipanarsi dei versi concessi da Shiva a Vasugupta per guidarlo
attraverso il labirinto dell’illusione.
Nella roccia del cuore è incisa la santa Parola, il Mantra potente, che qui si dichiara.
Prima Sezione
Sambhavopaya
La coscienza divina
caitanyam atma |1.1|
SSV1.1: Lo spirito individuale è la sorgente della conoscenza
L'atman, lo spirito individuale, o il sè che dir si voglia, è cosciente e caratterizzato da libertà di azione. La vera conoscenza arriva direttamente da questo. Ciò non avviene per chi non ha percezione dello spirito, come reso evidente dal prossimo sutra.
jnanam bandhah |1.2|
SSV1.2: L'ignoranza è schiavitù
L'ignoranza della propria vera natura spirituale, è la causa della schiavitù, letteralmente è "una catena", bandha.
Come per molti altri sutra, la traduzione di questo secondo varia molto tra le diverse scuole e risulta un poco enigmatica. La questione è complicata dal fatto che jnana significhi in realtà "conoscenza". Ma, in linea con il più autorevole commentario indiano, quello del professor Jaideva Singh, che ripercorre anche l'esegesi dei commentari antichi, interpretiamo janana come "conoscenza ordinaria", "conoscenza limitata" spingendo il significato verso ajnana, ovvero l'ignoranza. Il discorso è lineare: la conoscenza viene da ciò che sente lo spirito, ovvero la nostra parte divina, tutto il resto è illusione e se non siamo in grado di percepire la nostra parte spirituale e se non possiamo raffrontarci con la realtà attraverso le percezioni di questa, viviamo nella menzogna, schiavi dell'illusione. Chi non conosce lo spirito è schiavo di una falsa realtà.
yoni-vargah kala-sariram |1.3|
SSV1.3: Il mondo materiale con i suoi frutti e le azioni impure sono le altre cause di schiavitù.
Vivendo senza la conoscenza dello spirito, tutto appare nella sua forma illusoria. Siamo immersi nella natura, yoni, e nelle vicende che ne derivano, vargah, i suoi figli. Questa è la forma che ci trasmette la mente, non lo spirito. Si confonde ad esempio il piacere con ciò che in realtà porta sofferenza. Infatti anche le azioni che derivano da questa condizione (kala = attività, sarinam = forma) sono causa di schiavitù. Inutile dire che i tantrika, i praticanti dello yoga tantrico, preferissero l'intuizione alla speculazione e che la loro pratica fosse proprio volta alla ricerca dell'intuizione, alla ricerca della consapevolezza di ciò che è spirito, manifestazione del divino.
Inutile dire che anche questo sutra, praticamente impossibile da tradurre letteralmente parola per parola, privo del verbo, eccetera, ha generato interpretazioni molto diverse.
inanadhisthanam matrka |1.4|
SSV1.4: L'energia della madre universale è la base della conoscenza.
Matrika è per il tantra la Madre Universale e il suo potere è l'energia, la vibrazione che genera l'universo. Il primo gradino, la base, adhisthana, della conoscenza, jnana, consiste nel percepire questa vibrazione, questa energia, questa forza creatrice.
udyamo bhairavah |1.5|
SSV1.5: L'innalzarsi di questa energia concede la percezione dello spirito.
Dopo aver percepito questa forza, il praticante deve incanalarla. Secondo la famosa teoria del Tantra, l'energia matrika, kundalini o shakti che dir si voglia, che sono tutte manifestazioni dello stesso potere divino spirituale, viene assimilata dall'universo che ci circonda e giace dormiente nel nostro corpo. La pratica dello yoga, eliminando le impurità, innalza questa energia lungo il canale energetico primario che scorre al centro della spina dorsale, via via verso i centri sempre più alti, sino a regalare la piena consapevolezza o illuminazione, quando giunge alla sommità della testa. Questo quinto sutra è un pochino ermetico se non si fa riferimento alla tradizione tantrica, dato che la sua traduzione letterale suona allincirca come "l'innalzamento [è] Bhairava". Bhairava è una manifestazione di Shiva associata con un terrificante annientamento, il cui nome significa distruzione, e sarà poi adottato come personificazione della distruzione dell'illusione al momento della presa di coscienza conseguente l'illuminazione e ricorre anche in alcuni testi buddisti.
sakti-cakra-samdhane visva-samharah |1.6|
SSV1.6:Nell'unione dell'energia, shakti, con i centri energetici, chakra, tutto scompare.
Scompaiono quindi le impurità che impedivano all'energia di scorrere nel corpo, di vedere la realtà ultima e lo spirito, scompare il mondo dell'illusione così come il praticante lo aveva conosciuto. Questa dissoluzione è chiamata nel testo samhara, la stessa distruzione che avviene per il mondo alla fine di un'era nella cosmologia indiana induista ad opera di Shiva Nataraja. E' un annichilimento.
jagrat-svapna-susupta-bhede turya-bhoga-sambhavah |1.7|
SSV1.7: Viene allora sperimentato un quarto stato, oltre a veglia, sonno, e sonno profondo.
Questo stadio che si sperimenta grazie al corretto incanalamento dell'energia verso tutti i chakra è evidentemente il samadhi, ovvero il ricongiungimento tra lo spirito individuale e lo spirito universale, potremmo chiamarla illuminazione, o, forse in modo più aderente alla mentalità dei tantrika, incontro con il divino. Secondo alcuni autori lo stato di sonno e sonno profondo sono rispettivamente l'ingresso nello stato meditativo e alla fase più avanzata del medesimo stato. Non ci spingeremo in questi meandri perché, a secondo di quale sfumatura di significato si attribuisca, potrebbe cambiare notevolmente il senso dei tre versi successivi.
jnanam jagrat |8|
svapno vikalpah |9|
aviveko maya-sausuptam |10|
tritaya-bhokta viresah |11|
SSV1.8: la conoscenza è lo stato di veglia
SSV1.9: il sonno sono le esitazioni
SSV1.10: la mancanza di discernimento è propria del sonno profondo e proviene dall'Illusione, Maya.
SSV1.11: il Signore degli Eroi, Shiva Viresah è il superamento di questi tre stati.
Nel samadhi, si ha il superamento dei tre stati della coscienza. Il superamento del primo ovvero la conoscenza empirica mentale. Il superamento delle oscillazioni della mente, dei dubbi, della confusione, ovvero il secondo stato, paragonabile al sonno o al sogno. Il superamento del mondo illusorio, chiamato esattamente come nei testi buddisti, Maya, l'Incantatrice. Si conosce quindi il proprio spirito individuale e lo si ricongiunge con lo spirito che tutto pervade, l'energia creatrice e distruttirce, impersonificata in questo particolare momento da Shiva Viresah.
Nel prossimo articolo vedremo come Vasugupta approfondisca il significato dell'unione con l'energia che tutto pervade e con lo spirito.
0 commenti