6 Consigli agli insegnanti di yoga per la pratica personale
novembre 13, 2018di Maria Sabatini
Come insegnanti, siamo spesso immersi nel mondo dello yoga. Passiamo il tempo libero leggendo approfondimenti, libri, riviste. Alcuni di noi pianificano le vacanze tenendo retreat, festival o conferenze. Facilmente i fine settimana saremo implicati in qualche workshop o in classi di formazione. In mezzo a tutto questo yoga è facile trascurare la propria pratica personale, quella intesa in senso stretto, sul tappetino: purificazione, asana, controllo del prana, meditazione, eccetera. Purtroppo mi sono trovata varie volte in questa condizione. Ero immersa nello yoga, insegnavo 6 classi a settimana, ma la mia pratica stava regredendo perché la trascuravo. Parliamoci chiaro, la pratica svolta da soli, ha secondo me un valore non sostituibile con altro. E' inutile illudersi e dire che insegnare è la nostra pratica o che stiamo lavorando sugli "altri" aspetti dello yoga, semplicemente non è vero. E' una grande dimostrazione di arroganza e di ego ipertrofico: ci sentiamo tanto arrivati da non aver più bisogno di praticare e di imparare? Ci troveremo ad un punto nel quale perderemo i traguardi raggiunti. Perderemo la facilità nell'entrare in uno stato di profonda concentrazione e poi meditativo. Perderemo profondità nelle asana e nel pranayama. In India i maestri che mi hanno più affascinata e di cui mi sono sempre fidata, si alzavano nel cuore della notte per praticare due, tre ore e dopo iniziavano ad insegnare. Difficile arrivare a tanto, ma è indispensabile trovare una formula che rimetta la nostra pratica al centro. Per essere dei buoni insegnanti bisogna essere degli ottimi, intensi praticanti, nello yoga è indispensabile. Altrimenti il rischio è di diventare insegnanti di fitness mascherato da yoga, riportarci sulla superficie delle cose.
Non ho l'arroganza di sentirmi portatrice di questo valore. Nella mia esperienza è sì molto vero, ma sono tutti i testi classici a esaltare questo concetto, tra i quali l'opera principe per gli insegnanti, gli Yoga Sutra:
YSII:1. Lo yoga è azione e si realizza in tre componenti: pratica intensa, studio di sé‚ abbandono allo spirito assoluto.
Ho così raccolto alcuni suggerimenti che provengono direttamente dai miei periodi di mancanza di pratica personale. Ho cercato di riunire una manciata di trucchi per ristabilire il giusto equilibrio con la propria pratica yoga. Ecco cosa suggerisco ai miei amici insegnanti:
1 Pianifica una sadhana
E' importante creare una pratica personale quotidiana per un determinato periodo di tempo e pianificare in dettaglio cosa, quando e per quanto tempo saremo sul tappetino. Saremo chiari su quale tipo di pratica faremo e sull'intenzione dietro la nostra sadhana. A mio giudizio, aiuta darsi degli schemi in base ai mesi e alle settimane, all'interno dell'anno. Avremo quindi una pianificazione di breve, medio e lungo termine. Ad esempio potremmo concentrarci ogni mese su di un cahkra, oppure passare sei mesi nello studio dei pranayama, ma approfondendone uno al mese crescendo nell'intensità durante le quattro settimane che lo compongono, oppure approfondire degli stili differenti dal nostro, eccetera, eccetera. Sono solamente esempi, ognuno troverà il suo schema. Un approccio molto diffuso è dedicarsi a categorie di asana su cui sappiamo essere carenti, come per me, ad esempio, i back bend. I sei mesi che ho deciso di dedicarmi a queste posizioni ho approcciato una posizione al mese, con crescente intensità: ustrasana un mese, poi ardha danurasana, eccetera, arrivando a kapotasana e all'inerno di ogni mese cercavo di raggiungere la massima intensità nell'ultima settimana. Sono solamente alcune tra le migliaia di idee che possiamo sviluppare.2 Praticare insieme agli allievi? il meno possibile.
Nei sei mesi in cui mi sono dedicata ai back bend, insegnavo quattro giorni la settimana, quindi gli altri due giorni praticavo la mattina per due ore e invece, quando poi la sera conducevo le lezioni, mi limitavo a 45 minuti. Un giorno facevo riposo assoluto.A questo riguardo ci possono essere due approcci differenti. Alcuni insegnanti preferiscono non praticare mentre conducono la lezione. Gli anglosassoni, mi sembra di vedere, prediligono questo approccio che lascia un poco più di spazio alla pratica personale. Ci stanchiamo molto meno e siamo meno distratti dall'inserimento di tipologie di pratica che esulano dal nostro percorso.
Altri insegnanti praticano insieme agli allievi. Nel mondo latino, Italia compresa, mi sembra questo il metodo predominante. Personalmente, i miei maestri hanno sempre fatto così, ashtanga a parte. In questo modo si consumano molte energie. Scegliere dei temi per le classi che proponiamo, coincidenti con la nostra pratica è molto difficile e può essere fuorviante, portandoci a creare classi sbilanciate per gli allievi. Personalmente lo sconsiglio, ma se qualcuno ha dei suggerimenti, sono ben accetti. Nella mia esperienza ho visto però che, anche qualora si pratichi insieme agli allievi, le posizioni è comunque meglio solamente accennarle e non mostrarne la completa e più intensa versione. Questo approccio ha due grandi punti a favore. In primo luogo non proporremo una versione troppo difficile o intensa per il 99.9% delle persone. Chi fa la massima difficoltà in un vinyasa o in una asana, non sarà danneggiato, perchè sicuramente già le conosce e le saprà eseguire. In secondo luogo non alimenta il nostro ego, montato dall'esibirci di fronte ad un pubblico e dall'incarnare la più perfetta e più profonda versione della posizione.
3 Partecipa ad almeno a 5-10 workshop l'anno
Diventando più esperti, finita l'ultima certificazione 500 ore, facilmente diventiamo arroganti, guardiamo con supponenza i workshop proposti nella nostra città. Questo è molto negativo. Arriviamo a concepire una formazione personale solamente quando arriva una star internazionale oppure in posti esotici con monaci tibetani o sadhu shivaiti. E' l'arroganza e l'ego a spingerci in questa direzione. Un workshop di un insegnante che pratica uno stile molto diverso dal nostro, può aprirci grandi orizzonti. Un insegnante, anche giovane, che pratica il nostro stesso stile può suggerirci delle diverse chiavi di lettura, è comunque utile. Tornare allievi e scendere dal piedistallo, oltre che molto piacevole - finalmente qualcuno ci dirà cosa fare! - è anche molto formativo. E vi dirò di più, se al workshop incontriamo dei nostri allievi, faremo tutt'altro che cattiva figura, ma un grande sfoggio di umiltà e di voglia di imparare. Anche presupponendo che siamo più bravi ed esperti di chi tiene il workshop (qualsiasi cosa possa voler dire), partecipare farà molto bene al nostro yoga e al nostro ego. Se poi è la motivazione a mancarci, prendiamolo come un campanello d'allarme sul fatto che l'insegnamento stia diventando un lavoro come un altro, in fin dei conti una scocciatura da evitare nel weekend.4 Separa i preparativi per l'insegnamento e il tempo di pratica personale
Se ti impegni spesso a progettare una sequenza o un tema per le classi di gruppo, facilmente durante la tua pratica ti troverai a provare quella sequenza, a ricercare tutte le possibili alternative per scegliere la migliore, eccetera. Questo non va bene, ci porta fuori percorso. E' arrivato il momento di separare nettamente le due circostanze. Circoscrivi il tempo per preparare l'insegnamento e onora la tua pratica creando una barriera per non farla sbandare in tutte le direzioni.5 Non aver paura di rinunciare ad una lezione settimanale
L'insegnamento è spesso anche una necessità economica, per cui cerchiamo di prendere più lezioni possibili. Quando però ci ritroviamo a trascurare la nostra pratica, peggiorerà anche la nostra capacità di insegnamento e scenderà la qualità delle lezioni. Diventeremo abitudinari e quantomeno non progrediremo e miglioreremo nell'insegnamento. Quindi, accorgiamoci di questo e istituiamo almeno un giorno da dedicare completamente alla nostra pratica rinunciando ad un giorno di lezioni.6 Se puoi, pratica subito prima di insegnare
E' più facile a dirsi che a farsi, ma ritagliarsi 20/40 minuti prima delle lezioni, per svolgere la propria pratica, presso la sala o a casa propria, ha molte implicazioni positive. Si inizierà la lezione magnificamente centrati, sicuramente più che non dopo aver guidato nel traffico. Se pratichiamo con gli allievi avremo quella piccola stanchezza che non ci farà venire voglia di spingere le posizioni o di forzare la mano, se invece ci limitiamo a dare le istruzioni e a fare gli aggiustamenti, essere caldi ci può venire comunque utile.Ritagliarsi tempo ed energia per coltivare una pratica personale è un percorso che tutti passiamo, almeno nel periodo in cui diventiamo insegnanti. Molti, con il proseguire del tempo, tendono a dimenticarlo. Forse l'integrazione di uno o due di questi suggerimenti potrebbe essere l'elemento di cui si ha bisogno per respirare nuova aria nella propria pratica, per far tornare il desiderio di migliorarsi e di conoscere cose, sensazioni, aspetti, novità.
La tua pratica yoga personale ha sempre la precedenza? Che cosa farai per coltivare la tua pratica?
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