mito e yoga: bakasana, la posizione della gru
giugno 15, 2018di Marco Sebastiani
Bakasana è una posizione di amore o di odio per molti praticanti di yoga, con poco spazio per le mezze misure. Chiariamo subito una cosa: è scorretto chiamarla posizione del corvo. Baka in sanscrito significa gru ed è documentata con questo nome in vari e autorevoli testi antichi in quanto rappresenta il regale fenicottero che si erge dall'acqua. Chiariremo le differenze. Come dicevamo la posizione stessa, in equilibrio sulle mani, evoca la gru con le zampe nell'acqua, ma non tutti sanno che a questo animale è dedicato un bellissimo episodio dell'epica indiana collegato con la posizione dello yoga. La Mahabharata è sicuramente il più famoso poema epico indiano ed è il più lungo poema epico dell'antichità essendo composto da circa 200.000 versi. Per questo motivo viene a volte chiamato l'Iliade e l'Odissea dell'India. Oltre ad essere un testo epico è inoltre un testo religioso, comprendendo al suo interno la Bhagavat Gita e trattando molti temi etici, filosofici ed argomenti collegati al samsara, il ciclo delle rinascite.
L'antico testo, la cui parte più antica si ritiene risalire al 300 A.C., narra le vicende di due famiglie che si combattono per il dominio su tutta l'India: i virtuosi Pandava e i meschini Kaurava. Dietro le figure principali gravitano una serie bellissima ed interminabile di personaggi, con mille sfumature, tra i quali tutti i famosi rishi dell'antichità, i saggi veggenti, nonché diverse divinità sotto forma di avatar ovvero reincarnazioni terrene. Il mondo è popolato da ogni sorta di demoni, e gli eroi protagonisti, spesso semidei, hanno qualità e doti straordinarie.
Secondo alcuni la Mahabarata riflette le novità introdotte dall'invasione ariana della valle dell'Indo, verificatasi intorno al II millennio A.C., che portò una popolazione indoeuropea a prevalere sulle native genti dravidiche, imponendo la propria lingua ed i propri valori guerrieri, ma acquisendo altri tratti peculiari tra cui i caratteri sanscriti e lo yoga. Una certa epica guerriera è effettivamente comune in molte popolazioni indoeuropee come i greci, i germani o i persiani, con alcuni tratti comuni. Ma non divaghiamo.
I cinque virtuosi fratelli Pandava sono: Yudiṣṭira, figlio di Yama, Dio del dharma e della morte; Bhima, figlio del dio Vayu, il Vento; Arjuna, figlio del dio Indra e protagonista con Krisna della Bagavat Gita; e i gemelli Nakula e Sahadeva, figli degli dei Asvin, impersonificazione dello scintillare del Sole. Con l'inganno e il tradimento i malvagi Kaurava cercano prima di ucciderli e successivamente, grazie ad una partita d'azzardo truccata, riescono a deporre il loro re Yudisthira e ad esiliarli per dodici anni nella foresta. Ritornati dall'esilio fronteggeranno in campo aperto i loro nemici nell'episodio noto con il nome di Bhagavat Gita e poi vinceranno in battaglia e regneranno sull'India. Durante il loro esilio i principi si avvicineranno ad una vita ascetica e spirituale, circondati da bhramini e saggi, che li renderà ancora più virtuosi. Moltissimi sono gli episodi legati a questo periodo, tra i quali la storia che a noi interessa perché narra la vicenda della gru.
L'episodio è conosciuto come Dharma-Baka Upakhyan ovvero "la leggenda della gru virtuosa", ma spesso ci si riferisce ad esso come "Yudistira e la gru", "il lago della morte" oppure ancora "Yudistira e Yaksha", è una delle storie più famose dell'intero poema ed è narrato nel Vana Parva, terzo libro della Mahabarata. Tutti gli indiani associano la gru, il poderoso fenicottero, con questo episodio, universalmente conosciuto e apprezzato.
Un giorno i fratelli Pandava si erano messi in cerca di un cervo che disturbava un bramino e, rincorrendolo, avevano sete e andarono a cercare dell'acqua. Dopo essersi arrampicati su di un albero, avvistarono un lago e uno dopo l'altro andarono a prendere l'acqua. Ogni volta però che uno di loro arrivava al lago, una bellissima gru, che si bagnava nello specchio d'acqua, li avvertiva che se avessero bevuto, sarebbero morti. I fratelli erano così assetati e così arroganti che non ascoltarono la gru e non seppero resistere alla fresca acqua. Uno dopo l'altro morirono tutti. L'ultimo ad arrivare al lago fu il fratello maggiore, Yudistira, il re deposto. Quando il re vide che i suoi quattro fratelli erano morti, fu colpito dal dolore. All'improvviso la gru parlò di nuovo e disse: "Sono io che ho ucciso i tuoi fratelli. Se tocchi l'acqua, morirai anche tu. Ma se puoi rispondere correttamente alle mie domande, riporterò in vita tutti i tuoi fratelli. "
Sappiamo che Yudistira è figlio di Yama signore del dharma, ovvero della legge universale che regola il mondo, dell'ordine che rende possibile la vita nell'universo, quindi ci aspettiamo quantomeno delle risposte fuori dal comune.
Pubblichiamo il dialogo, che in realtà contiene 33 domande ed altrettante risposte, in una versione riassunta piuttosto nota. Il dialogo integrale è un testo filosoficamente molto raffinato e molto lungo del quale non basterebbe un intero libro per rendere un commentario esaustivo. Tutta la Mahabarata, essendo composta di una impressionante mole di versi in sanscrito, 200.000, divisi in 18 libri, viene spesso riassunta in prosa e un certo numero di queste versioni sintetiche divulgative, sono molto note in India e all'estero. Riportiamo una di quelle più accreditate. Per chi fosse interessato al dialogo integrale rimandiamo alla versione riportata in fondo a questo articolo oppure, per un commentario dettagliato, all'approfondito studio storico-religioso del Matheson Trust.
Quindi la gru chiese a Yudistira questi interrogativi:"Quali sono le notizie dal mondo?" A questa domanda Yudhisthira non rispose elencando le ultime vicende degli uomini o le ultime calamità della natura. Invece, Yudhisthira disse: "Tutti gli esseri viventi hanno dimenticato la loro natura interiore divina e si trovano in uno stato di ignoranza, avidya, che li fa soffrire".
La domanda successiva fu: "Qual'è la più grande meraviglia del mondo?"
Ancora una volta Yudhisthira non rispose con affermazioni ovvie, come la reggia di Varnavrata, un famoso palazzo dell'antichità, oppure il monte Kailash, sacro a Shiva. Invece rispose: "Sebbene vediamo intorno a noi che tutte le persone e le altre creature viventi muoiono costantemente, crediamo che questo non accadrà a noi. Pensiamo che in qualche modo eviteremo la morte."
Poi la gru fece la terza domanda : "Qual è la vera via?" Yudistira rispose: "La vera strada sta nel seguire i santi e gli yogi che hanno raggiunto l'autorealizzazione. La verità giace nascosta nelle caverne dei loro cuori, e condivideranno la loro conoscenza e la loro grazia con chiunque sia interessato a riceverle. Condividendo questi insegnamenti dei grandi maestri che non sono soggetti all'attaccamento verso le cose del mondo e verso l'Io e vivono solo per dare, emuleremo quelle qualità ".
Come ultima domanda, infine la gru chiese: "Chi è felice in questo mondo?" A questo Yudhisthira rispose: "La persona auto-realizzata, che ha cancellato tutti i suoi debiti risolvendo il suo karma, egli è veramente felice." Alla fine la gru fu soddisfatta delle risposte del figlio di Yama, il re Yudhisthira, e rianimò tutti i fratelli.Secondo alcuni la stessa gru, spirito Yaksha della natura, rappresenta il dharma e quindi è in ultima analisi lo stesso Yama padre di Yudistira. Ma l'esegesi del testo, come dicevamo, può essere molto profonda e complicata.
Questo nucleo della Mahabarata fu composto all'incirca negli stessi anni degli Yoga Sutra di Patanjali e negli anni in cui nacque il Buddismo. Avidya, l'ignoranza dello spirito, come causa della sofferenza umana, è un concetto molto radicato in entrambe le concezioni del mondo, così come il distacco dall'attaccamento verso le passioni e le cose del mondo, il distacco dalla paura della morte, nonchè la risoluzione del Karma. I fratelli Pandava muoiono perché onnubilati dall'attaccamento, dalla sete figlia del desiderio. Non ripercorreremo in questa sede questi temi, troppo vasti e per i quali si consiglia una lettura degli Yoga Sutra di Patanjali già pubblicati da questa rivista. Ma queste domande e le loro risposte sono un chiaro riassunto del percorso dello yoga in un modo simile a quello descritto da Patanjali. Tutto inizia con la consapevolezza che spesso dimentichiamo la nostra natura divina, e questo ci fa soffrire. Questa ignoranza è molto forte e persistente e crediamo erroneamente che la morte avvenga solo per le altre persone. L'ignoranza ci induce a identificarci con il nostro corpo e la nostra mente che muta continuamente. Ma, dopo aver realizzato il fraintendimento, possiamo prendere le misure appropriate per sollevarci da questa condizione di sofferenza. Possiamo iniziare a vivere la via dello yoga, riconnettendoci con il nostro vero sé. Più ci connettiamo con la nostra natura divina, più viviamo pace e soddisfazione durature. Questa è la promessa dello yoga e della Mahabarata, aperta a tutti noi per fare esperienza qui e ora.
Questa, a grandi linee, la natura della conversazione, riportata nella Mahabarata con grande dovizia di particolari ed estrema raffinatezza filosofica [NdR confronta il testo integrale alla fine del presente articolo]
fig.2 bakasana
da The complete Yoga Poses di D. Lacerda
Il re Yudhistira non perse l'equilibrio quando si trovò di fronte alla morte dei suoi fratelli e al compito di rispondere alle domande di indagine della gru; equilibrio che al contrario era stato perso dai principi assetati difronte all'acqua, seppure avvertiti. Nel momento in cui maggiormente poteva oscillare, egli trova il suo equilibrio interiore e risponde con la massima saggezza alle domande della gru. Anche noi siamo invitati a mantenere il nostro equilibrio mentre ci concentriamo in bakasana. In quel momento siamo noi a doverci confrontare con la gru. In quel momento siamo Yudistira e siamo la gru. Siamo in grado di eliminare le oscillazioni della mente? Siamo in grado di mantenere l'equilibrio nella mente e nel corpo? Il dialogo è con noi stessi. Si dice che bakasana piaccia a chi apprezza le sfide interiori e a chi cherca il continuo miglioramento di sé, senza timori.
L'episodio narrato evoca il massimo equilibrio raggiungibile da un uomo, quello del figlio stesso del Dharma, messo a dura prova dalla gru, baka in sanscrito, che prima uccide gli altri principi e poi pone al re le supreme domande esistenziali.
Venendo ad un argomento decisamente più basso, la posizione del corvo, kakasana in sanscrito, prescindendo dal suono poco felice in italiano, viene generalmente considerata una variante più semplice, nella quale si piegano molto le braccia e si appoggia l'interno della coscia, o le tibie, sui gomiti, evocando altri, meno nobili, volatili. Al di la degli scherzi, come abbiamo visto, la gru evoca un orizzonte di grande spessore nella mitologia indiana ed è quindi opportuno riferirsi alla posizione dello yoga coerentemente con questo immaginario, la posizione della gru, non del corvo. Esiste una leggenda anche riguardo al corvo e sul perchè si chiami ka-ka (traducibile "perché?-perché?"), ma questa è un'altra storia.
fig.2 kakasana
da stylecraze.com
Il testo integrale della conversazione tra Yaksha e Yudistira:
- The
Yaksha said, “What is it that maketh the Sun rise? Who keeps him
company? Who causeth him to set? And in whom is he established?”
Yudhishthira answered, “Brahma maketh the Sun rise: the gods keep him
company: Dharma causeth him to set: and he is established in truth.”
- The Yaksha asked, “By what doth one become learned? By what doth he attain what is very great? How can one have a second? And, O king, how can one acquire intelligence?” Yudhishthira answered, “It is by the study of the Srutis that a person becometh learned; it is by ascetic austerities that one acquireth what is very great: it is by intelligence that a person acquireth a second and it is by serving the old that one becometh wise.”
- The Yaksha asked, “What constituteth the divinity of the Brahmanas? What even is their practice that is like that of the pious? What also is the human attribute of the Brahmanas? And what practice of theirs is like that of the impious?” Yudhishthira answered, “The study of the Vedas constitutes their divinity: their asceticism constitutes behaviour that is like that of the pious; their liability to death is their human attribute and slander is their impiety.”
- The Yaksha asked, “What institutes the divinity of the Kshatriyas? What even is their practice that is like that of the pious? What is their human attribute? And what practice of theirs is like that of the impious?” Yudhishthira answered, “Arrows and weapons are their divinity: celebration of sacrifices is that act which is like that of the pious: liability to fear is their human attribute; and refusal of protection is that act of theirs which is like that of the impious.”
- The Yaksha asked, “What is that which constitutes the Sama of the sacrifice? What the Yajus of the sacrifice? What is that which is the refuge of a sacrifice? And what is that which sacrifice cannot do without?”1 Yudhishthira answered, “Life is the Sama of the sacrifice; the mind is the Yajus of the sacrifice: the Rik is that which is the refuge of the sacrifice; and it is Rik alone which sacrifice cannot do without.”
- The Yaksha asked, “What is of the foremost value to those that cultivate? What is of the foremost value to those that sow? What is of the foremost value to those that wish for prosperity in this world? And what is of the foremost value to those that bring forth?” Yudhishthira answered, “That which is of the foremost value to those that cultivate is rain: that of the foremost value to those that sow is seed: that of the foremost value to those that bring forth is offspring.”
- The Yaksha asked, “What person, enjoying all the objects of the senses, endued with intelligence, regarded by the world and liked by all beings, though breathing, is not yet alive?” Yudhishthira answered, “The person, who does not offer anything to these five: gods, guests, servants, ancestors (pitris), and himself, though endued with breath, is not yet alive.”
- The Yaksha asked, “What is weightier than the earth itself? What is higher than the heavens?” What is fleeter than the wind? And what is more numerous than grass?” Yudhishthira answered, “The mother is weightier than the earth; the father is higher than the heaven; the mind is fleeter than the wind; and our thoughts are more numerous than grass.”
- The Yaksha asked, “What is that which doth not close its eyes while asleep; What is that which doth not move after birth? What is that which is without heart? And what is that which swells with its own impetus?” Yudhishthira answered, “A fish doth not close its eyes while asleep: an egg doth not move after birth: a stone is without heart: and a river swelleth with its own impetus.”
- The Yaksha asked, “Who is the friend of the exile? Who is the friend of the householder? Who is the friend of him that ails? And who is the friend of one about to die?” Yudhishthira answered, “The friend of the exile in a distant land is his companion, the friend of the householder is the wife; the friend of him that ails is the physician: and the friend of him about to die is charity.
- The Yaksha asked,—“Who is the guest of all creatures? What is the eternal duty? What, O foremost of kings, is Amrita? 2 And what is this entire Universe?” Yudhishthira answered,—Agni is the guest of all creatures: the milk of kine is amrita: Homa therewith is the eternal duty: and this Universe consists of air alone.”
- The Yaksha asked,—“What is that which sojourneth alone? What is that which is re-born after its birth? What is the remedy against cold? And what is the largest field?” Yudhishthira answered,—“The sun sojourneth alone; the moon takes birth anew: fire is the remedy against cold: and the Earth is the largest field.”
- The Yaksha asked,—“What is the highest refuge of virtue? What of fame? What of heaven? And what, of happiness?” Yudhishthira answered,—“Liberality is the highest refuge of virtue: gift, of fame: truth, of heaven: and good behaviour, of happiness.”
- The Yaksha asked,—“What is the soul of man? Who is that friend bestowed on man by the gods? What is man’s chief support? And what also is his chief refuge?” Yudhishthira answered,—“The son is a man’s soul: the wife is the friend bestowed on man by the gods; the clouds are his chief support; and gift is his chief refuge.”
- The Yaksha asked,—“What is the best of all laudable things? What is the most valuable of all his possessions? What is the best of all gains? And what is the best of all kinds of happiness?” Yudhishthira answered,—”The best of all laudable things is skill; the best of all possessions is knowledge: the best of all gains is health: and contentment is the best of all kinds of happiness.”
- The Yaksha asked,—“What is the highest duty in the world? What is that virtue which always beareth fruit? What is that which if controlled, leadeth not to regret? And who are they with whom an alliance cannot break?” Yudhishthira answered,— “The highest of duties is to refrain from injury: the rites ordained in the Three Vedas always bear fruit: the mind, if controlled, leadeth to no regret: and an alliance with the good never breaketh.”
- The Yaksha asked,—“What is that which, if renounced, maketh one agreeable? What is that which, if renounced, leadeth to no regret? What is that which, if renounced, maketh one wealthy? And what is that which if renounced, maketh one happy?” Yudhishthira answered,—“Pride, if renounced, maketh one agreeable; wrath, if renounced leadeth to no regret: desire, if renounced, maketh one wealthy: and avarice, if renounced, maketh one happy.”
- The Yaksha asked,—“For what doth one give away to Brahmanas? For what to mimes and dancers? For what to servants? And for what to king?” Yudhishthira answered,—“It is for religious merit that one giveth away to Brahmanas: it is for fame that one giveth away to mimes and dancers: it is for supporting them that one giveth away to servants: and it is for obtaining relief from fear that one giveth to kings.”
- The Yaksha asked,—“With what is the world enveloped? What is that owing to which a thing cannot discover itself? For what are friends forsaken? And for what doth one fail to go to heaven?” Yudhishthira answered,—“The world is enveloped with darkness. Darkness doth not permit a thing to show itself. It is from avarice that friends are forsaken. And it is connection with the world for which one faileth to go to heaven.”
- The Yaksha asked,—“For what may one be considered as dead? For what may a kingdom be considered as dead? For what may a Sraddha be considered as dead? And for what, a sacrifice?” Yudhishthira answered,—“For want of wealth may a man be regarded as dead. A kingdom for want of a king may be regarded as dead. A Sraddha that is performed with the aid of a priest that hath no learning may be regarded as dead. And a sacrifice in which there are no gifts to Brahmanas is dead.”
- The Yaksha asked,—“What constitutes the way? What, hath been spoken of as water? What, as food? And what, as poison? Tell us also what is the proper time of a Sraddha, and then drink and take away as much as thou likest!” Yudhishthira answered,—“They that are good constitute the way. 1 Space hath been spoken of as water. 2 The cow is food. 3 A request is poison. And a Brahmana is regarded as the proper time of a Sraddha. 4 I do not know what thou mayst think of all this, O Yaksha?”
- The Yaksha asked,—“What hath been said to be the sign of asceticism? And what is true restraint? What constitutes forgiveness. And what is shame?” Yudhishthira answered,—“Staying in one’s own religion is asceticism: the restraint of the mind is of all restraints the true one: forgiveness consists in enduring enmity; and shame, in withdrawing from all unworthy acts.”
- The Yaksha asked,—“What, O king is said to be knowledge? What, tranquillity? What constitutes mercy? And what hath been called simplicity?” Yudhishthira answered,—“True knowledge is that of Divinity. True tranquillity is that of the heart. Mercy consists in wishing happiness to all. And simplicity is equanimity of heart.”
- The Yaksha asked,—“What enemy is invincible? What constitutes an incurable disease for man? What sort of a man is called honest and what dishonest?” Yudhishthira answered,—“Anger is an invincible enemy. Covetousness constitutes an incurable disease. He is honest that desires the weal of all creatures, and he is dishonest who is unmerciful.”
- The Yaksha asked,—“What, O king, is ignorance? And what is pride? What also is to be understood by idleness? And what hath been spoken of as grief?” Yudhishthira answered,—“True ignorance consists in not knowing one’s duties. Pride is a consciousness of one’s being himself an actor or sufferer in life. Idleness consists in not discharging one’s duties, and ignorance in grief.”
- The Yaksha asked,—“What hath steadiness been said by the Rishis to be? And what, patience? What also is a real ablution? And what is charity?” Yudhishthira answered,—“Steadiness consists in one’s staying in one’s own religion, and true patience consists in the subjugation of the senses. A true bath consists in washing the mind clean of all impurities, and charity consists in protecting all creatures.”
- The Yaksha asked,—“What man should be regarded as learned, and who should be called an atheist? Who also is to be called ignorant? What is called desire and what are the sources of desire? And what is envy?” Yudhishthira answered,—“He is to be called learned who knoweth his duties. An atheist is he who is ignorant and so also he is ignorant who is an atheist. Desire is due to objects of possession, and envy is nothing else than grief of heart.”
- The Yaksha asked,—“What is pride, and what is hypocrisy? What is the grace of the gods, and what is wickedness?” Yudhishthira answered,—“Stolid ignorance is pride. The setting up of a religious standard is hypocrisy. The grace of the gods is the fruit of our gifts, and wickedness consists in speaking ill of others.”
- The Yaksha asked,—“Virtue, profit, and desire are opposed to one another. How could things thus antagonistic to one another exist together?” Yudhishthira answered,—“When a wife and virtue agree with each other, then all the three thou hast mentioned may exist together.”
- The Yaksha asked,—“O bull of the Bharata race, who is he that is condemned to everlasting hell? It behoveth thee to soon answer the question that I ask!” Yudhishthira answered,—“He that summoneth a poor Brahmana promising to make him a gift and then tells him that he hath nothing to give, goeth to everlasting hell. He also must go to everlasting hell, who imputes falsehood to the Vedas, the scriptures, the Brahmanas, the gods, and the ceremonies in honour of the Pitris, He also goeth to everlasting hell who though in possession of wealth, never giveth away nor enjoyeth himself from avarice, saying, he hath none.”
- The Yaksha asked,—“By what, O king, birth, behaviour, study, or learning doth a person become a Brahmana? Tell us with certitude!” Yudhishthira answered,- “Listen, O Yaksha! It is neither birth, nor study, nor learning, that is the cause of Brahmanahood, without doubt, it is behaviour that constitutes it. One’s behaviour should always be well-guarded, especially by a Brahmana. He who maintaineth his conduct unimpaired, is never impaired himself. Professors and pupils, in fact, all who study the scriptures, if addicted to wicked habits, are to be regarded as illiterate wretches. He only is learned who performeth his religious duties. He even that hath studied the four Vedas is to be regarded as a wicked wretch scarcely distinguishable from a Sudra if his conduct be not correct. He only who performeth the Agnihotra and hath his senses under control, is called a Brahmana!”
- The Yaksha asked,—“What doth one gain that speaketh agreeable words? What doth he gain that always acteth with judgment? What doth he gain that hath many friends? And what he, that is devoted to virtue?’—Yudhishthira answered,—“He that speaketh agreeable words becometh agreeable to all. He that acteth with judgment obtaineth whatever he seeketh. He that hath many friends liveth happily. And he that is devoted to virtue obtaineth a happy state in the next world.”
- The Yaksha asked,—“Who is truly happy? What is most wonderful? What is the path? And what is the news? Answer these four questions of mine and let thy dead brothers revive.” Yudhishthira answered,—“O amphibious creature, a man who cooketh in his own house, on the fifth or the sixth part of the day, with scanty vegetables, but who is not in debt and who stirreth not from home, is truly happy. Day after day countless creatures are going to the abode of Yama, yet those that remain behind believe themselves to be immortal. What can be more wonderful than this? Argument leads to no certain conclusion, the Srutis are different from one another; there is not even one Rishi whose opinion can be accepted by all; the truth about religion and duty is hid in caves: therefore, that alone is the path along which the great have trod. This world full of ignorance is like a pan. The sun is fire, the days and nights are fuel. The months and the seasons constitute the wooden ladle. Time is the cook that is cooking all creatures in that pan with such aids; this is the news.”
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