Mito e yoga: Garudasana, la posizione dell'aquila

ottobre 19, 2017


Oggi affrontiamo le vicende che riguardano il grande Garuda e come queste siano collegate alla posizione che porta il suo nome. Mi ha sempre colpito come una posa dedicata al divino capostipite della stirpe degli uccelli non impersonasse il dispiegamento delle ali, l'apertura delle braccia o delle gambe, ma anzi, osservando Garudasana, possiamo dire tutto il contrario, il praticante si raggomitola quasi su se stesso. Il motivo è semplice ed è spiegato dal racconto della storia di Garuda. Una storia molto avvincente.

Garuda è rappresentato in vari modi, con la testa di aquila e il corpo di leone, oppure il corpo di uomo oppure ancora come una vera e propria chimera; il corpo è in genere dorato ed una corona è posta sulla sua testa. E' infatti il capostipite delle creature alate, nonchè il loro signore. La sua figura è molto celebre in tutta l'Asia, basti pensare che la compagnia aerea di bandiera Indonesiana ha nome "Garuda AirLines". In India, cioè nel contesto che ora ci interessa, Garuda è la mitica cavalcatura di Visnù, il signore benevolo.

Egli apparve da un uovo, dal quale uscì di una grandezza immensa, luminoso come  la deflagrazione cosmica che consuma l'universo alla fine di ogni era. Gli dei erano molto preoccupati di questa creatura così potente, allora, a seconda delle versioni, lo pregarono di ridurre le sue dimensioni e la sua potenza oppure intervennero direttamente con le loro arti per ottenere il medesimo risultato ed egli assusne le dimensioni e lo splendore con il quale è conosciuto.

Come narrato dal primo libro della Mahabarata, fin dalla sua infanzia Garuda si pone come antagonista benevolo delle creature serpentiforme, incarnando la lotta tra esseri volanti e esseri striscianti comune in moltissime culture e che, secondo alcuni, viene sublimata nella figura del drago. Le aquile d'altronde cacciano per loro natura i serpenti. Egli viene rappresentato spesso con due serpenti avvolti sugli avambracci o su altre parti del corpo. Un particolare mantra di Garuda è efficace contro il morso dei serpenti velenosi e, nel paese natale dei cobra, questa preghiera è molto conosciuta.

La storia più famosa narra come sua madre Vinata fosse trascinata in schiavitù sotto terra, nella città dei serpenti. Alcuni testi narrano che ciò avvenne a causa di una scommessa persa, per altri fu responsabile sua sorella maggiore moglie anche lei dello stesso marito, legata fin da giovane all'influenza dei serpenti. Il capo dei serpenti l'avrebbe comunque rilasciata solamente se Garuda avesse portato loro l'amrita, la mitica bevanda dell'immortalità che scorre nella terra degli dei.

Garuda intraprese quindi il viaggio per sottrarre agli dei una coppa di amrita, ma essi scatenarono una guerra per impedirglielo. I fatti salienti di questo conflitto furono tre. Il primo ostacolo fu un cerchio di fuoco dal quale fu circondato. Garuda prelevò l'acqua da alcuni fiumi e spense il fuoco, volando agilmente. Come seconda prova gli dei lo attaccrono con una macchina da guerra con delle lame rotanti, ma Garuda si liberò facilmente riducendo le proprie dimensioni, preziosa qualità che aveva appreso proprio grazie agli dei, al momento della sua nascita. Infine dovette divorare due enormi seprenti che gli furono scagliati contro.

Liberatosi dagli attacchi dei Deva, Garuda incontrò il benevolo Visnù, probabilmente la divinità più amata dell'India, insieme a Shiva, proprio per la sua caratteristica indulgenza. Visnù, ammirato dalla forza di Garuda, gli promise l'immortalità, anche senza bere l'amrita e a quel punto il nostro protagonista estasiato da tanta magnanimità, promise di divenire la sua cavalcatura. 
Garuda promise anche a Indra, il grande deva del fulmine e della pioggia, di riportare l'amrita al suo posto, una volta riottenuta indietro sua madre. In cambio ricevette il dono di dominare e poter mangiare i serpenti.

Arrivato alla città dei serpenti Garuda consegnò l'amrita e ricevette in cambio Vinata, ma durante le abluzioni rituali che i serpenti stavano svolgendo, con la complicità di Indra, si reimpossessò della bevanda divina. Il re dei serpenti, ingannato, maledisse Garuda, e leccò alcune gocce di amrita cadute sul prato nel frattempo. Queste gli spaccarono all'istante la lingua in due, marchio che ancora oggi portano i serpenti, ma gli permise, invece di morire, di poter cambiare la propria pelle.
 

Dicevamo che è sorprendente come una posizione dedicata al grande signore delle aquile invece di rappresentare il dispiegamento delle gambe o delle braccia, interpreti il ripiegamento di queste su se stesse. Ma il perchè è stato spiegato: Garuda ha la facoltà di rimpicciolirsi, insegnatagli dai Deva. Questa facoltà e questa posizione dello yoga ha anche un significato più elevato: egli è immenso e divino, ma riduce il suo potere e la sua dimensione, proprio come lo spirito degli uomini quando si incarna nel loro corpo fisico. Garudasana rappresenta proprio questo passaggio, l'immensamente grande e potente che si fa uomo, si fa piccolo.

Garudasana, forse più di ogni altra posizione, trasmette sensazioni differenti ogni volta che viene eseguita. Alle volte siamo stabili, alle volte traballanti, alle volte le gambe scivolano una sull'altra quasi da sole, altre volte ci sembra impossibile agganciare il piede dietro la caviglia ...proprio come alcune volte sappiamo essere tanto grandi ed altre tanto piccoli.


Photo by Andrea Reiman

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