6 Ragioni per cui l'allineamento non conta

settembre 20, 2016

Le posizioni dello yoga devono poter essere insegnate in un modo che elimini il rischio di infortuni e probabilmente dovrebbero essere riconoscibili visivamente le une dalle altre. Le posizioni o asana, non sono però l'obiettivo finale dello yoga, ma semplicemente uno strumento. Ognuno ha i propri obiettivi nella pratica. In accordo con il testo fondamentale dello yoga, gli yoga Sutra di Patanjali, l'unica prescrizione necessaria è sentirsi comodi, saldi e rilassati. La pratica di un'asana, in un modo specifico, insistendo su alcuni aspetti, può alle volte essere un modo per sperimentare alcune sensazioni particolari, ma non dovrebbe diventare lo scopo stesso della pratica.
In questo articolo non si vuole criticare nessun insegnante o nessuno stile(*), ma esporre un punto di vista, arbitrario e parziale come ogni punto di vista. Saremmo inoltre lieti di aprire un dibatito nei commenti.

1. Ossessione per il corpo


Molti volte ci focalizziamo eccessivamente sulle asana, sulla loro esecuzione secondo uno standard di riferimento.
Tutti capiamo la necessità di studiare l'anatomia e la fisiologia, poichè come tutte le pratiche legate anche al corpo, comprendere le capacità e le limitazioni aiuta gli insegnanti a guidare gli allievi in modo sicuro. E' inoltre molto utile per capire come creare le sequenze di movimenti in modo bilanciato e come offrire alternative o modifiche secondo le capacità di ognuno, ma niente di più.

Sbilanciando tutta l'attenzione verso il corpo, rischiamo di sminuire gli aspetti legati alla mente ed allo spirito. Se le posizioni sono eseguite correttamente, il respiro è sincronizzato con i movimenti e l'attenzione è posta sul punto focale (dristhi). Le asana sono una forma di meditazione.

Lo yoga riflette una luce che si estende ben oltre l'esecuzione delle posizioni, sul respiro, sulla meditazione e su molti altri punti che mirano a trasformare il praticante. Ossessionarsi sull'allineamento porta tutta l'attenzione sulle asana e sul corpo. Questo atteggiamento enfatizza anche un livello di dettaglio che non servirà mai a prevenire potenziali infortuni ma a rendere la posizione esteticamente più accettabile.

2. Individualità del fisico


Tutti prima o poi abbiamo assistito durante una lezione ai 10 minuti dedicati:
  • al perfetto allineamento da seguire in tadasana (posizione della montagna), 
  • all'angolo formato dalle dita dei piedi con le anche, 
  • ai gradi con cui il bacino deve incontrare la spina dorsale 
  • a parti del corpo di cui gli allievi non conoscono l'esistenza, vedi gli psoas, il quadrato lombare, etc. 
  • all'inclinazione delle dita delle mani nella posizione del guerriero
  • al movimento da eseguire con componenti articolazioni o ossa su cui non abbiamo alcun controllo, come le vertebre del coccige o dell'osso sacro. 
Fondamentalmente, sono 10 minuti che potevano essere impiegati in modo migliore.
Questo tipo di atteggiamento va però oltre la perdita di tempo. Su quali principi anatomici si basano queste convinzioni? Tutti noi abbiamo un'anatomia unica, non esistono due corpi uguali, abbiamo differenti punti di forza e debolezza e le articolazioni rispondono in modo molto diverso.  Da dove nasce la convinzione che lo stesso esatto modo di esecuzione di un allineamento vada bene per tutti?
Questo limita molti studenti e li potrebbe esporre a possibili infortuni esattamente come non fornire nessuna indicazione. Tutte le posizioni possono essere modificate per adattarsi alle specificità del proprio corpo. Questo punto di vista è portato avanti anche da T.K.V. Desikachar in  Il cuore dello Yoga.

Imporre una modalità di riferimento per tutti non ha senso, presuppone un concetto di perfezione che non esiste. Crea insicurezza e ansia. Il principio che "una posizione deve essere fatta seguendo perfettamente l'originale, altrimenti è come se non venisse eseguita o addirittura sarebbe meglio non eseguirla proprio," è assurdo. Il motto "99% giusto è 100% sbagliato"(**) sembra più uno slogan da venditore che un concetto correlato allo yoga.
Lo yoga non è una competizione e non dovrebbe diventarlo. Il moda migliore di impararlo, anzi l'unico modo, è praticarlo, anche se ciò significa eseguire una versione semplificata di una posizione.

Fare una posizione perfettamente non consiste nell'eseguirla con un perfetto allineamento ipotetico. La perfezione si raggiunge quando si cerca di eseguirla al proprio meglio mantenendo la fermezza e il rilassamento di cui parla Patanjali. Questo spesso consiste nel sincronizzare il respiro e nell'affrontare la pratica come una meditazione.

3. Dipendenza dell'allievo dall'istruttore


Il buon insegnante vuole che l'allievo sia il maestro di se stesso e che sviluppi le proprie abilità. Ogni atteggiamento che diverge da questo obiettivo è fuorviante. Criticare gli allievi è deleterio, suggerire loro alcuni accorgimenti ed incoraggairli è positivo. Se l'allievo non è in grado di giudicare autonomamente quale modalità sia per lui migliore di eseguire una posizione, bisogna fornirgli questi strumenti.


L'insicurezza genera dipendenza dalle istruzioni e dalle correzioni fornite in modo pedissequo, degenerando nell'instabilità emotiva. Se esegui una posizione sempre in modo scorretto o perfezionabile forse c'è qualcosa che non va nell'insegnante. Non bisogna mai focalizzarsi sul maestro, lui non è l'obiettivo, ma lo strumento e deve essere consapevole di questo.

4. Limitazione nei progressi


Lo stile che più preferisco non si focalizza sull'allineamento oltre la sicurezza e porta ad una naturale progressione verso asana per noi più difficili o "di livello più avanzato". Questa distinzione di difficoltà o livello fa esclusivamente riferimento a posizioni per le quali l'esecuzione presuppone l'intensa esecuzione di altre propedeutiche o che banalmente richiedono una forza, una scioltezza, una concentrazione o un equilibrio crescenti. Le asana possono essere imparate solamente praticandole, percui una volta che si eseguono al proprio meglio, semplificandole di meno via via che si migliora, l'obiettivo è raggiunto.
Se devi eseguire perfettamente una posizione prima di poterci lavorare sopra o di progredire con la successiva, potresti dover aspettare anni. Il modo migliore per capire come fare un asana per noi difficile è farla. Un insegnante esperto sa come scomporla in posizioni propedeutiche e facilitare l'approccio con quelle più avanzate, facendo migliorare la forza o la scioltezza. Inoltre, non necessariamente se sa eseguirla con perizia un insegnante è in grado di insegnarla altrettanto bene.

5. Non pensare la posizione, sentila


La parte più potente della pratica delle asana viene considerata dalla tradizione indiana legata all'Ayurveda non l'apparenza delle stesse, ma lo scorrere delle energie sottili all'interno del corpo. Quando un insegnante parla senza sosta, dando troppi dettagli sull'allineamento, porta gli allievi fuori dal corpo nella loro mente logica. Invece di sentire pensano e spesso fa pensare loro: "Sto facendo bene? Sto facendo male?". L'apice di questo approccio negativo consiste nel guardare gli altri allievi oppure guardarsi allo specchio. Invariabilmente si genera competizione, senso di inadeguatezza o per contro amplificazione del proprio Io e dell'autocompiacimento.

Fornire agli allievi troppe imbeccate, correzioni o indicazioni, li distrare soltanto dal concentrarsi sull'essere nella posizione.

Nello yoga impariamo a controllare il respiro ed il corpo per giungere a controllare le oscillazioni della mente (Patanjali I-2), se l'insegnante riempe la mente degli allievi con istruzioni su istruzioni, sta fallendo nell'insegnare yoga.

6. Andare oltre le posizioni


Focalizzarsi solamente sull'aspetto grossolano del corpo è una limitazione. Lo yoga è un ampio campo di studio e assume diverse forme, tutte le tradizioni includono anche gli esercizi di respirazione, la meditazione e varie altre pratiche. Il pranayama e la meditazione non possono essere spiegati attraverso la fisiologia o l'anatomia. Certamente si verificano risposte fisiologiche alla meditazione e la fisiologia della respirazione è affascinante, ma il potere trasformante di queste attività non è misurabile e trascende il mondo fisico e materiale.

Lo yoga non dovrebbe consistere solo nel mantenere il corpo allenato, è una pratica spirituale. Se ci focaliziamo solo sul fisico, ci perdiamo il valore dello yoga come un tutt'uno. Il fisico deve essere un veicolo, non un fine. Venerare il corpo crea un attaccamento che va superato. Piuttosto che allineare il corpo, le articolazioni e le ossa, cominciamo ad allineare lo spirito e la mente con i nostri valori, la nostra morale con il nostro vero Sè.




[*] L'approccio basato sull'allineamento ossessivo, viene spesso attibuito al cosiddetto Iyengar yoga. Ciò però non corrisponde agli insegnamenti lasciati nei propri scritti da grandissimi B.K.S. Iyengar, che tralaltro rifiutava l'utilizzo del termine "Iyengar Yoga",allievo di Tirumalai Krishnamacharya, fondatore dello yoga moderno.

[**] Il motto di Bikram Choudhury per il suo Bikram yoga da quando ha spostato il quartier generale dalla California all' India dopo gli scandali che lo hanno travolto.

Potrebbe anche piacerti:

0 commenti

Yoga Magazine Italia 2017 © - Tutti i Diritti Riservati